Una vicenda irrisolta sta allungando i tempi di rientro per un imprenditore italiano in carcere in Sudan. I carcerieri citano il caso Regeni.
La vicenda è arrivata anche in Parlamento dopo l’interesse di alcuni deputati e del Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Un imprenditore italiano si trova in carcere in Sudan da settimane ed è ancora da scoprire il reale motivo per cui non viene rilasciato. A preoccupare però sono le parole dei carcerieri che hanno tirato in ballo il caso di Giulio Regeni.
Si chiama Marco Zennaro, l’imprenditore veneto che per una controversia si trova chiuso in carcere nel paese sudanese. La storia di Zennaro inizia a metà marzo quando l’imprenditore decide di prendere un volo per il Paese Africano e risolvere una controversia commerciale. La questione riguardava una partita di trasformatori elettrici che, stando a quanto dichiarato dalla controparte, non avrebbe risposto ai requisiti come da contratto. Appena giunto in Sudan, a Zennaro fu sequestrato il passaporto e gli venne notificata una denuncia per frode.
Dopo due settimane piantonato in albergo, Marco aveva risolto la vicenda con il pagamento di 400mila euro per ottemperare alla partita di trasformatori sbagliata. Ma, quando stava per imbarcarsi e rientrare in Italia, l’imprenditore è stato nuovamente fermato. Ora si chiede un riscatto.
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Zennaro si trova nuovamente in carcere dal primo aprile e nemmeno il suo avvocato riesce a capire il motivo. Il 31 maggio, Luigi Vignali, direttore generale per le politiche migratorie della Farnesina volerà in Sudan per cercare di risolvere il caso. Ad oggi Abdallah Ahamed, vicepresidente del Consiglio militare di transizione, chiede il pagamento di 700mila euro per la liberazione del veneto.
A preoccupare la famiglia e la politica italiana sono però le frasi pronunciate dai carcerieri. “Regeni, Regeni, paga!” sarebbero queste le allusioni minacciose affermati nei confronti di Marco, come riportato dal Corriere della Sera.