Non si spegne la polemica attorno alla serie sulla comunità di San Patrignano distribuita da Netflix. Ora a esporsi è la famiglia del fondatore Vincenzo Muccioli
“SanPa. Luci e tenebre a San Patrignano“: si chiama così la docu-serie distribuita da Netflix lo scorso dicembre e che punta a raccontare la storia della comunità di recupero per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli nel lontano 1978. Fin dalla sua uscita, la serie ha scatenato non poche polemiche a causa di un racconto distorto e univoco a detta di alcuni. All’epoca intervenne sulle pagine del Corriere della Sera anche l’attuale assessore alla Sanità lombarda Letizia Moratti, che con suo marito Gian Marco è stata per anni finanziatrice della comunità. La politica, ex sindaco di Milano, definì il documentario “un’occasione persa” perché focalizzato più sulle vicende personali del fondatore che sulla narrazione della storia della comunità che ha salvato tante vite.
Per la produzione di SanPa furono realizzate 180 ore di interviste su 25 testimoni. La serie è stata poi distribuita da Netflix in 190 Paesi, ma fin dai primi giorni della sua uscita la stessa comunità ne aveva preso le distanze dissociandosi dall’immagine che ne veniva data.
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A esporsi sono ora Giacomo e Andrea Muccioli, figli di Vincenzo. Andrea, tra l’altro, ha concesso lunghe interviste agli autori della serie, di cui alcuni stralci sono stati inseriti nella produzione finale. Tuttavia, secondo i fratelli Muccioli, la serie avrebbe offeso la memoria del papà Vincenzo. Così, hanno deciso di sporgere querela nei confronti della piattaforma streaming Netflix per diffamazione aggravata.
A comunicarlo è stato il legale della famiglia Muccioli, Alessandro Catrani, secondo cui il documentario ricostruisce un’immagine lontana dalla verità sia della comunità che del suo fondatore. A spingere Andrea e Giacomo a rivolgersi ai carabinieri sarebbero state le allusioni a una presunta omosessualità del padre, nonché alla sua morte a causa dell’Aids.