Ci sono ulteriori prove che quello di Tiziana Cantone non fu suicidio. Le indagini hanno rivelato dettagli scioccanti dopo la sua morte
La storia la conosciamo tutti. Tiziana Cantone si è suicidata il 13 settembre 2016 nella casa della zia a Mugnano (Napoli). Si è impiccata. L’ultimo anno per lei è stato un calvario e tutto è partito dopo che nelle rete è iniziato a girare un video con lei insieme ad altri due. Due ragazzi che però non erano il suo.
Così per settimane e mesi è andata avanti la storia del fidanzato tradito. Mentre lei ha fatto il giro del web diventando un fastidioso “meme” dalla vita spezzata. Ha tentato il suicidio due volte, alla fine Tiziana è riuscita a “scappare” da tutto quello che era stato costruito intorno a lei. La madre però non ci sta e imperterrita continua nella sua ipotesi: la figlia non si è tolta la vita, ma è stata uccisa.
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La madre di Tiziana, Teresa Giglio, ha contattato l’Emme-Team, un gruppo di studi legali con sede a Chicago per poter riaprire il caso della figlia. Gli elementi portati dalla squadra, hanno riacceso le speranze della donna. Sono due infatti le prove che hanno potuto riprendere in mano la storia di Tiziana.
La prima è che sulla pashmina che aveva Tiziana quando è stata trovata morta, sono presenti delle impronte di altre due persone e che il DNA attribuirebbe a due uomini. La seconda è collegata al suo telefono. La Polizia giudiziaria ha sempre sostenuto di non essere stata in grado di poter accedere ai dati del telefono e dell’iPad a causa del Pin.
Ora, attraverso l’accesso a questi due strumenti, è stato riscontrato che il telefono di Tiziana è stato sbloccato e utilizzato un’ora dopo dal sequestro. Durante l’attività nel telefono, sono stati cancellati dei dati su contatti telefonici e ricerche su internet. Tutto questo dopo la morte della ragazza. Non solo! Un altro accesso è stato effettuato anche tre giorni dopo il “suicidio/omicidio”.