La crisi di governo si conclude con il voto al Senato dopo 12 ore di dibattito: cos’è successo e gli scenari futuri per il premier Conte salvo a metà
Una crisi di Governo che ha avuto il suo epilogo pochi minuti fa, al termine di una giornata lunghissima in Senato. Oltre 12 ore in Aula, tra dibattiti, appelli di voto e preferenza vera e propria per capire cosa ne sarebbe stato dell’esecutivo Conte bis. Se ieri alla Camera dei Deputati la (nuova) maggioranza ha retto senza problemi, a Palazzo Madama la situazione era ben diversa.
Si correva sul filo del voto, con un serio rischio – per l’esecutivo – di finire sotto e dare il via all’inevitabile. Non sono mancati i momenti di tensione in Senato, con screzi tra il premier Conte ed il primo dei dissidenti, Matteo Renzi che aveva dato il via alla crisi politica.
Servivano 161 voti per la maggioranza assoluta, numeri impossibili da raggiungere per Conte & Co. peraltro ben consapevoli di ciò. E si è puntato tutto sulla maggioranza relativa, quella che avrebbe consentito ugualmente al governo di poter andare avanti nel suo mandato, senza costringere il primo ministro a salire al Quirinale e dare il via alla crisi con dimissioni annesse.
Crisi di governo, la votazione: cosa succede?
Il voto – la prima chiamata – ha preso il via alle 21.33 ma solo dopo oltre un’ora si è avuto il risultato finale. Colpa di un intrigo relativo ai senatori Ciampolillo e Nencini che, esclusi dalla votazione, reclamavano il loro diritto avendolo opportunamente richiesto nella seconda conta, quella per gli assenti.
Il presidente del Senato Casellati, dopo lungo consulto davanti ai monitor, ha poi deciso di accogliere i voti dei due. Ebbene, al termine della votazione, dopo le due conte, la maggioranza ha retto con 156 voti a favore, 140 contrari e 16 astenuti, tutti i senatori di Italia Viva (assenti alla prima conta) da oggi all’opposizione per bocca del leader Renzi.
Tra i voti di maggioranza, Maria Rosaria Rossi ed Andrea Causin, entrambi di Forza Italia e già espulsi dal partito come spiegato da Antonio Tajani ma anche la senatrice a vita Liliana Segre, come peraltro annunciato nei giorni scorsi.
Già, ma cosa succede ora? Il governo è ancora in piedi, seppur traballante; stando alla Costituzione italiana, l’esecutivo può andare avanti anche se i numeri, soprattutto in Senato, sono esigui. L’intenzione del premier è quella di tirare dritto per la sua strada, provando già da domani ad ampliare la maggioranza con le forze politiche minori, puntando sulla volontà delle legge proporzionale. Non sarà certo un’impresa facile, ma è l’unica strada percorribile per il premier, considerato come non abbia i numeri nelle Commissioni.