Da poche ore è morto il campione del mondo Paolo Rossi: alzò la coppa con l’Italia di Bearzot, ma fu incastrato anche in una vicenda di calcio scommesse.
Che anno signori e signore. Altro non potremmo scrivere, se non limitarci a descrivere gli spaventosi lutti che si sono succeduti in questo caotico e “infettato” 2020. L’ultima è quella di un campione del mondo: Paolo Rossi. L’attaccante della nazionale che nel 1982 alzò la coppa del mondo nel torneo disputato in Spagna. Un grande mattatore, unico nella semifinale contro la Polonia.
Il 9 dicembre 2020 se ne va anche lui, per sempre. Vincitore anche del pallone d’oro nello stesso anno in cui alzò la coppa del mondo. Rossi, però, è stato anche al centro di una terribile vicenda in relazione al calcio scommesse. Era un vero e proprio idolo delle folle quando vide, davanti a sé, una squalifica che lo segnò per tutta la vita per un’inchiesta legata proprio al calcio scommesse.
Nell’82 alzò coppa del mondo e pallone d’oro. Ma oggi parliamo anche dello scandalo del calcio scommesse che investì l’Italia a partire dal 1980, periodo conosciuto anche come Totonero, per la sua piena irregolarità. Un processo che vide coinvolti giocatori di Serie A e Serie B. All’interno di questo mazzo di giocatori c’era anche il nome di Paolo Rossi, accusato di aver concordato il pareggio nell’incontro tra Avellino e Perugia, con lui stesso militante nella squadra umbra. Un match giocato il 30 dicembre del 1979 e finito proprio in parità: 2 a 2.
Egli stesso tornò a giocare solo dopo due anni, nelle ultime tre partite di campionato, con la casacca della Juventus. Era il 1982. Nonostante le poche presenze, e i due anni lontano dal campo, mister Bearzot lo chiamò lo stesso in nazionale. Noi tutti, poi, sappiamo come andò a finire. Paolo commentò così la vicenda legata alla sua brutta esperienza: “Non sapevo nulla delle scommesse. Mi crollò il mondo addosso. Pensavo al classico pareggio accettato da due squadre che non vogliono farsi male. Quando, dopo il processo, che mi sembrava sempre più irreale, tornai a casa, capii che era tutto vero. Era come viverlo in un corpo non mio”.