Il dpcm di Natale è chiaro: non saranno, come previsto, feste normali quelle che ci accingiamo a celebrare. Di fronte alle lamentele per il cenone senza parenti Amendola si sfoga: “Sono stufo”.
È un Claudio Amendola senza peli sulla lingua quello che si è sfogato nella serata a L’aria di domenica, il programma condotto da Myrta Merlino. Si dibatteva sull’ultimo dpcm, quello che interessa il periodo del Natale, e di come gli italiani dovranno passare delle festività più sobrie e attente, nel pieno rispetto delle regole anti contagio Covid. Regole che prevederanno delle misure ulteriormente restrittive per quanto riguarda i giorni del 25, 26 e capodanno, quando solitamente è atteso il maggior flusso di gente sia nelle strade che nelle case.
Le ultime regole diramate dal Governo e dal ministero della Salute sono chiare: non ci saranno i soliti cenoni, non ci saranno i classici ritrovi tra parenti e amici. Non ci saranno, almeno quest’anno, le classiche feste alle quali siamo stati sempre abituati. C’è chi polemizza, sia nel mondo politico che non, su queste norme; denunciando il fatto di come non si possa non festeggiare il Natale secondo tradizione. E proprio questi ragionamenti hanno mandato su tutte le furie Claudio Amendola, che si è sfogato in tv.
Dpcm, niente cenone Natale. Amendola: “Ridicoli”
L’attore romano si schiera dalla parte del governo e ammette come discutere delle regole anti Covid sia decisamente “stupido” e “inutile”. Claudio Amendola in trasmissione ha preso la parola dicendosi stufo di tutte le polemiche che stanno interessando l’impossibilità di celebrare come da tradizione il Natale. “Io non ne posso più del cenone di Natale. Ma chi se ne frega. È una volta. State a casa”.
Un messaggio anche a Salvini, Meloni e quella parte di opposizione che attaccano Conte e il Governo di non permettere alla gente di trascorrere le festività con i loro cari. “Mi sembra veramente stupido, continuare a parlarne” ha chiosato un polemico Claudio Amendola, che ha ironicamente invitato tutti a mangiare i tortellini in brodo su una tavola imbandita per un massimo di quattro persone, come da decreto.
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