Altro tragico naufragio in mare da parte di un barcone pieno di migranti: perdono la vita sei persone, tra di loro anche un bambino di pochi mesi.
A dire vergogna ormai si prova anche imbarazzo. A definirla “situazione” non ne parliamo nemmeno. Ormai, prendendone atto tutti, rimangono solo notizie da riportare, ma nel senso più tragico della frase stessa. Abbiamo fallito come umanità, ancora una volta, e lo abbiamo fatto alla grande. Altro, forse, non c’è da dire.
Ad essere al centro della cronaca, più che nera, un altro naufragio da parte di un barcone pieno di migranti. L’imbarcazione si è letteralmente sfondata nel Mediterraneo centrale, in una zona al largo di Sabratha, sulla costa ovest della Libia. A raccontare il drammatico epilogo è stata la Ong spagnola Open Arms, la quale ha prestato i primi soccorsi per cercare di recuperare più persone possibili, quasi tutte finire nel mare. Purtroppo, però, alcune di loro hanno perso la vita in un altro tragico evento.
A chi insultava e inveiva contro le Ong in mare, dovrebbero far vedere solo questi tragici momenti. Ora che, anche in tempi di coronavirus, i medici delle Ong vengono chiamati in reparti per assistere i malati di Covid-19. Qui il coronavirus non c’entra, ma al centro della vicenda c’è l’ennesimo e doloro nubifragio di un barcone pregno di migranti, per l’ennesimo viaggio della speranza finito in tragedia.
Come detto poc’anzi, il barcone si è letteralmente sfondato al centro delle acque del Mediterraneo. La Ong spagnola, Open Arms, è subito intervenuta per portare un soccorso più che immediato. Molti dei migranti erano già in mare attaccati al gommone che sprofondava e ad alcuni galleggianti. Troppo pochi per un numero elevato di persone, costrette a soccombere contro una morta ingiusta. Al momento il bilancio dei morti è di sei persone: tra loro, purtroppo, anche uno dei quattro bimbi portati in salvo. Dopo il primo intervento, le condizioni del bimbo, di appena sei mesi, si sono aggravate e poco dopo è deceduto.