Le torture in carcere, il racconto allucinante: pezzi di plastica sciolti sulle mani, violenze e scherni
La galera non è certo un luogo piacevole, ma le torture in carcere non sono ammissibili, considerato come i penitenziaria siano considerati istituti di correzione e non luoghi bui dove non uscirne vivi. Purtroppo è un fenomeno ancora diffuso in Italia, lì dove la situazione non è delle migliori.
I sovraffollamenti di determinati istituti impedisce, spesso, addirittura le condizioni basilari, come quelle igieniche e di prevenzione; una condizione non accettabile soprattutto in questo periodo storico in cui siamo attanagliati dalla pandemia del Covid-19. Ecco perché è quantomeno opportuno provare a controllare la situazione.
Il racconto raccolto da Fanpage.it arriva da un detenuto rinchiuso nel Mammagialla di Viterbo; si tratta di un carcere in cui più di una volta sono state denunciate condizioni molto dure, con abusi da parte dei secondini. Più di un suicidio è avvenuto in quell’istituto, segnale evidente di come vi sia qualcosa che non vada.
Denunce e segnalazioni, arrivate anche dal Comitato per la prevenzione della tortura; insulti a sfondo razzista e violenze le accuse ma tutto sembra essere passato in sordina.
Un detenuto ha quindi provato ad evidenziare la situazione di disagio, invivibile, all’interno del penitenziario. In una lettera inviata alla sua compagna, l’uomo ha messo in evidenza alcuni comportamenti da censura, una condizione di fatto disumana.
L’isolamento, in stanze anguste, ma soprattutto le violenze fisiche, fino a sciogliere pezzi di plastica sui polpastrelli. Veri e propri metodi di tortura; inaccettabili e non ammessi in Italia che il carcerato ha chiesto di rendere pubblici attraverso denunce alla magistratura.
E la destinataria dei messaggi, come ha raccontato al portale, ha anche incontrato l’ostracismo da parte delle forze dell’ordine al momento di presentare la denuncia. Durante una videochiamata, la ragazza ha spiegato di aver visto il compagno con ematomi e cerotti, fino alle vesciche sulle mani “prova” delle violenze subìte.
Accanto alla donna vi è il Partito Radicale che ha sollevato la questione chiedendo l’intervento della Procura in tempi brevi per far luce sui fatti. L’obiettivo è infatti individuare gli aguzzini che agiscono indisturbati nell’istituto e punirli severamente, anche per preservare tutto il corpo di polizia penitenziaria.