In Iran Navid Afkari era stato condannato a morte con l’accusa di aver ucciso un pubblico ufficiale nel 2018 durante una manifestazione
In Iran, a Shiraz, il ventisettenne Navid Afkari è stato giustiziato con l’impiccagione. Sono stati inutili gli appelli lanciati in tutto il mondo per fermare l’esecuzione del wrestler. Navid con i fratelli Vahid e Habib era stato condannato dopo una manifestazione avvenuta due anni fa contro il caro benzina. Per i suoi fratelli è stata stabilita la pena di 54 e 27 anni di carcere.
Anche il Comitato Olimpionico Internazionale si era mosso per bloccare la decisione del tribunale e il presidente Thomas Bach si è detto “scioccato” per quanto accaduto nonostante gli appelli, esprimendo un pensiero alla famiglia del giovane atleta.
CondaNNA anche da parte del segretario americano Mike Pompeo che ha definito il fatto feroce e ignobile, attaccando il regine del paese.
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Iran, giustiziato il wrestler Navid Afkari, per la famiglia il video che lo accusa non esiste
Iranian champion wrestler Navid Afkari has been executed in Iran on Saturday, according to Iran’s state-run news agency IRNA, despite a high-profile international campaign calling for the sentence not to be carried out. https://t.co/LvVFoT9cCX
— CNN (@CNN) September 12, 2020
I tre fratelli, tramite i loro avvocati, avevano denunciato di aver subito torture durante la detenzione in carcere. C’era stata anche una confessione da parte di Navid poi ritrattata perché, sosteneva, estorta sotto tortura.
Secondo le leggi iraniane, il giovane lottatore avrebbe avuto la vita salva se i famigliari del funzionario che secondo l’accusa era stato ucciso durante la manifestazione lo avesse perdonato e se l’accusato avesse risarcito economicamente. Ma nulla di ciò è avvenuto.
Secondo la famiglia di Navid Afkari, il video che mostrerebbe la colpevolezza del giovane non esiste.
Solidarietà anche dal presidente Usa Donald Trump che ha detto che l’unica colpa di Afkari era quella di essere sceso in piazza per protestare.
Una vicenda che può diventare uno strumento di ulteriore attrito tra gli Stati Uniti e il paese dell’Asia centrale.
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