2 agosto 1980: la strage di Bologna. A 40 anni da quel fatidico momento storico la ferita rimane aperta per non aver avuto ancora una verità sui fatti.
Ad oggi, 2 agosto 2020, son passati esattamente 40 anni. Tanti e forse, anzi, sicuramente troppi per non sapere ancora la verità su come andarono i fatti in quel maledetto giorno d’estate di quarant’anni fa. Erano le 10.25 del 2 agosto 1980 quando una valigia stracolma di tritolo e T4 esplose nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione di Bologna, da quel giorno ribattezzata proprio “Strage di Bologna”. Durante il terribile atto terroristico morirono 85 persone, mentre altre 200 rimasero gravemente ferite, a terra, in mezzo a polvere e detriti. Una scena e l’urlo di una folla tramortita che ancora riecheggiano come fosse ieri. Una strage che contempla nel suo essere il più grave atto terroristico accaduto in Italia dal secondo dopoguerra, al culmine di quello che noi tutti conosciamo come periodo della “strategia della tensione”. Bombe che potevano saltare in aria da un momento all’altro, colpendo persone innocenti dirette verso i propri cari o i propri posti di lavoro.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE >>> “Rosà, Comune della Padania”: scoppia la polemica a Vicenza
È stato impiegato tanto tempo per arrivare a una “parziale” conclusione sui fatti della Strage di Bologna, identificata all’inizio come un “semplice incidente”. Ad oggi, per questo violentissimo attacco terroristico, sono condannati in via definitiva, come esecutori, gli ex Nar Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. A gennaio, invece, dopo quasi due anni di dibattiti e altrettanti testimoni ascoltati sui fatti, è arrivata la condanna all’ergastolo per Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage. Infine, a maggio, è finito nel registro degli indagati un altro esponente dei movimenti di estrema destra, Paolo Bellini, il famoso ‘quinto uomo’, ex Avanguardia Nazionale.
Capitolo a parte per quanto riguarda i mandanti. Coloro che spesso, anzi sempre, sono i veri responsabili dei fatti che segnano la storia di una repubblica, come quella italiana: dipingendola, in parte, di “nero”. A 40 anni dai fatti sembrano esserci finalmente dei nomi da immettere nella casella “mandanti”. Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, Mario Tedeschi. Tutti e quattro, però, sono morti e non potrà mai esserci un processo, né una sentenza di condanna o di assoluzione.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE >>> Open Arms, Matteo Salvini a processo: via libera dal Senato