Vittima del Covid ad aprile dopo il trasferimento in tre ospedali romani, i figli scoprono che la salma non è quella della propria madre
Può sembrare il prologo di una storia ambientata in un ospedale dove avvengono cose strana, ma invece è realtà, purtroppo. Giuseppina Candelori è rimasta vittima del Covid ad aprile dopo il trasferimento in tre ospedali romani, poi la macabra scoperta dei figli: la salma che si ritrovano davanti agli occhi non è quella della propria madre.
La signora era prima ospite nella casa di cura di Nerola “La Serenità“, e da lì il 25 marzo viene trasferita al Nomentana Hotel insieme ad altri pazienti, tutti contagiati dal virus. Della positività della donna, la famiglia era stata avvisata il giorno precedente.
Come ricostruisce oggi La Repubblica, il 30 marzo dalla casa di cura di Nerola arriva un messaggio ai familiari in cui si dice che il trasferimento era avvenuto da operatori dell’Asl con tanto di cartella clinica. Cartella persa e rinviata digitalmente da Nerola.
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Muore in ospedale, ma non è la salma della madre: “Aveva addirittura la scabbia”
Ma il calvario ancora non è finito per la famiglia della signora. Finalmente i figli riescono a parlare con un medico di turno che informa che la signora era arrivata senza vestiti al Nomentana Hotel dove scoppia un focolaio e il 10 aprile viene trasferita alla Rsa dell’Italian Hospital Group di Guidonia. Dopo qualche giorno ha la febbre alta e si aggrava, ha addirittura contratto la scabbia, tanto da dover richiedere il trasferimento al pronto soccorso, ma quale? Nessuno lo sa. Dopo diverse telefonate i figli scoprono che è all’Umberto I secondo il quale non è positiva.
Di sera muore e quando il giorno dopo i tre figli si recano alla camera ardente, scoprono che la salma non è quella della madre. Poi scoprono che un destino simile l’ha avuto un’altra donna che il figlio non ha più rivisto perché morta per Covid ed è probabile che con lei sia avvenuto lo scambio di salma.
Dopo la denuncia, le indagini scoprono che la donna forse è stata tumulata l’11 aprile a Rocca Sinibalda, paesino in provincia di Rieti. E ora dopo tre mesi, i figli attendono ancora la riesumazione della salma.
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