Dalla fine dello scorso anno siamo abituati a sentire e leggere sui media Covid-19 o Coronavirus, ma le due cose non vanno confuse
Dalla fine dello scorso anno, da quando sono cominciate a circolare le notizie del morbo che si era diffuso nella città di Waahn, nella grande provincia cinese dello Hubei, siamo abituati a sentire e leggere sui media Covid-19 e Coronavirus. E ancor di più da marzo ossia da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che si tratta di una pandemia. Ma le due cose non vanno confuse.
Dai politici agli esperti, dai giornali ai decreti dei miniteri fino ad arrivare ai cittadini che non masticano un linguaggio medico: tutti, in Italia e all’esterno, negli ultimi mesi hanno pronunciato queste due parole, a volte a sproposito.
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Nei primi tempi si diceva “nuovo Coronavirus“, poi la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto riferimento al Covid-19 per indicare questo male che viene detto Coronavirus perché visto al microscopio assomiglia a una corona.
Co e Vi significa che si tratta di un coronavirus, una malattia infettiva dell’apparato respiratorio. D, invece, è malattia in inglese (disease) e 19 l’anno in cui è stato individuato. Abbiamo letto anche Sars-CoV2: SARS sta per “severe acute respiratory syndrome” (“sindrome respiratoria acuta grave”), mentre CoV è l’abbreviazione di “coronavirus” e il 2 distingue da quello che ha causato la Sars nel 2002.
In pratica, il Covid è la malattia e si può essere contagiati dal virus anche senza avere la malattia. Si può essere positivi o negativi al virus ma non alla malattia. Possiamo, dunque, essere contagiati dal virus del Coronavirus (Sars-CoV2), e ammalarci di CoVid-19.
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