La storia del film “Notti magiche” di Paolo Virzì ha inizio il 3 luglio 1990, notte di una semifinale tra Italia e Argentina finita ai calci di rigore.
Martedì 3 luglio allo stadio San Paolo a Napoli era in programma un’attesissima partita del Mondiale di calcio in corso in Italia. L’Italia di Azeglio Vicini affrontava l’Argentina capitanata da Diego Maradona, e la stragrande maggioranza delle televisioni italiane erano sintonizzate su quella semifinale. Da qui comincia “Notti magiche”, il film di Paolo Virzì in programma stasera su Rai 3 alle 21:20.
Uscito nel 2018, “Notti magiche” è il quattordicesimo e più recente film diretto dal regista livornese. È ambientato a Roma e racconta, a metà tra un dramma e una commedia, una storia che si sviluppa intorno alla misteriosa morte di un produttore cinematografico. Ritrovato senza vita nella sua automobile, finita nel Tevere la sera di Italia-Argentina, il produttore intratteneva una vasta e fitta rete di relazioni sociali. I sospetti ricadono velocemente su tre giovani aspiranti sceneggiatori.
Il titolo “Notti magiche” è un riferimento esplicito al ritornello della canzone inno dei Mondiali del 1990. “Un’estate italiana”, scritta da Giorgio Moroder e cantata da Edoardo Bennato e Gianna Nannini, diventò più nota a tutti per quel ritornello sia da subito che nel corso degli anni a venire. Purtroppo alla nazionale italiana non andò benissimo, quella notte del 3 luglio.
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La nazionale italiana era arrivata a quella semifinale dopo aver superato una fase a gironi contro avversari relativamente abbordabili. Aveva concluso da prima in classifica nel gruppo con Stati Uniti, Austria e Cecoslovacchia (all’epoca nazione unita, ancora per poco). Nelle fasi a eliminazione diretta aveva poi battuto Uruguay e Irlanda.
L’Argentina era di fatto la prima squadra molto forte affrontata dall’Italia in quel Mondiale. Ci giocava peraltro il campione del Napoli Diego Maradona, allora ventinovenne e già da molti ritenuto il più forte calciatore al mondo. L’Italia riuscì ad andare in vantaggio dopo meno di venti minuti, grazie a un gol di Totò Schillaci, che fino a quel momento ne aveva già segnati quattro. Concluse poi il torneo come migliore marcatore, con sei gol.
I sogni dell’Italia di raggiungere la finale cominciarono a disgregarsi a poco più di venti minuti dalla fine. Claudio Caniggia, attaccante dell’Atalanta e prima ancora del Verona, beffò con un colpo di testa il portiere dell’Italia Walter Zenga, uscito in anticipo. Il risultato rimase sull’1-1 anche dopo i tempi supplementari, nonostante gli sforzi dell’Italia.
Ai calci di rigore gli argentini furono perfetti. Serrizuela, Burruchaga, Olarticoechea e Maradona segnarono tutti e quattro. L’Italia riuscì a tenere botta soltanto fino al quarto rigore, quando Donadoni – dopo i gol di Baresi, Baggio e De Agostini – fallì il suo calcio di rigore. Il successivo errore di Serena dal dischetto rese superfluo che l’Argentina battesse il quinto.
“Sono immagini che non avremmo mai voluto commentare”, disse scorato il telecronista Rai Bruno Pizzul.