Nel corso di un’intervista a La 7, il presidente del Senato nonché capo politico di Liberi e Uguali, Pietro Grasso, ha lanciato la sua proposta per il lavoro: portare la settimana lavorativa da 40 a 32 ore settimanali mantenendo immutato lo stipendio.
Secondo il leader della formazione che sta alla sinistra del Partito Democratico, questa riforma permetterebbe agli italiani di guadagnare di più e di lavorare di meno, e quindi di avere una maggior qualità di vita. Inoltre una proposta di questo tipo permetterebbe ai giovani di entrare più facilmente nel mondo del lavoro, perché molti di loro oggi giorno ne rimangono esclusi proprio perché quelli che lavorano, lavorano troppo.
“L’automazione, la robotizzazione e l’intelligenza artificiale sono cose importanti per l’industria, ma portano conseguenze sul lavoro. Allora propongo di diminuire le ore lavorative a parità di salario. Non è possibile che il profitto dell’innovazione vada soltanto nelle tasche del datore di lavoro, ma è giusto che ne benefici anche il lavoratore”. Ma la proposta di Grasso, che fondamentalmente segue il principio del “lavorare meno, lavorare tutti”, non è poi così inedita.
In Europa la prima proposta simile venne avanzata negli anni Novanta da Fausto Bertinotti, che esortò l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi a portare la settimana lavorativa a 35 ore settimanali. L’idea di Bertinotti però non vide mai la luce, mentre in Francia, la stessa proposta formulata dal socialista Lionel Jospin, riuscì a passare: i cittadini d’oltralpe infatti è dal ’97 che hanno la settimana lavorativa da 35 ore.