Ecatombe azzurra: Italia fuori dai mondiali

Non c’è spazio adeguato per entrare in una dimensione fatta di vergogna e sgomento. Un dramma può avere un argomento tragico o comico, a seconda delle situazioni descritte. In questo caso come possiamo definirlo? Entrambi probabilmente. Tragico perché dopo 60 anni non parteciperemo alla fase finale del mondiale russo, comico perché a veder giocare questa nazionale non può esimerti dal non ridere. Purtroppo dopo ieri sera non c’era nulla di cui sorridere.

Questo paese continua ahimè a dimostrare le sue incapacità in tanti ambienti, in primis la politica, trascinandoci in una debacle mascherata da virus che sta infettando un po’ tutto. Non siamo ancora morti, ma neanche troppo vivi. Come nell’ambiente calcistico, dove di incompetenza dovuta alla mancanza di lucidità mentale e fisica ce ne parecchia. Non voglio entrare in disquisizioni prettamente tecniche, non è il posto adatto per farlo.

Ma una cosa mi preme dire: un allenatore che non ha un’idea di gioco, che schiera giocatori fuori ruolo e, mi dispiace dirlo, non degni di indossare la maglia azzurra non può definirsi tale. Ventura ha le sue colpe ma le responsabilità maggiori sono imputabili a chi, in primis Tavecchio, lo ha messo alla guida di una spider senza avere la patente. E’ normale poi che alla prima curva pericolosa rischi di uscire fuori strada.

Questi benedetti mondiali di calcio, a parte il trionfo del 2006, sembrano diventati una maledizione. Dopo le vergognose eliminazioni nel 2010 e nel 2014 avvenute però nel girone finale, adesso ci tocca questa ecatombe ancora prima di arrivarci in Russia. Ora bisogna ricostruire ma con chi? E ancora con questi vertici federali? Secondo il mio modesto parere non basta sostituire sia loro che l’allenatore.

Bisogna resettare il concetto stesso che ci ha portato in questa situazione. Quale? Basta con tutti questi stranieri e prendiamo esempio dalla Germania, dove federazione e club lavorano insieme, i talenti si vanno a cercare in tutto il Paese, un’opportunità si dà a tutti e l’idea di calcio che si insegna è la stessa, a ogni livello. Nella piramide tedesca, alla base ci sono 390 “training camps” sparsi per tutto il Paese.

Coinvolgono 14.000 bambini, non necessariamente tesserati per un club. Ognuno ha la possibilità di essere notato dagli allenatori della federazione tedesca. La filosofia è: se il più grande talento della sua generazione è nato in un paesino sperduto in mezzo alle montagne, gli scout federali lo troveranno. Se va male, avrà comunque fatto attività fisica e avrà imparato a convivere e a giocare con ragazzi di tutte le età. Questa è la strada.

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