Il medio oriente storicamente è sempre stata una regione turbolenta ed è da tempo sinonimo di instabilità e incertezza, di una regione afflitta da guerre e rivolte, in cui violenze inter etniche, conflitti fra Stati e sollevazioni di movimenti nazionalisti si intrecciano pericolosamente a interventi esterni, crisi economiche e oscillazioni dei prezzi petroliferi.
Ad arricchire questa tavola imbandita ci ha pensato il regime saudita. Il 32enne principe ereditario Mohammed bin Salman è intenzionato a consolidare la sua base di potere dentro e fuori la monarchia.
Su scala regionale la conseguenza è l’inasprimento delle relazioni con l’Iran, su scala globale naturalmente non poteva che provocare l’innalzamento delle quotazioni del petrolio.
Dopo le dimissioni del premier libanese filo saudita Saad Hariri, in Arabia Saudita è accaduto qualcosa di peggio: decine tra principi, ministri e influenti uomini d’affari sono stati arrestati.
Naturalmente questo accadimento ha portato alla destituzione degli arrestati e due dei loro successori hanno già prestato giuramento di fronte all’81enne re Salman, anche lui in procinto di lasciare il posto al giovane erede al trono Bin Salman, l’artefice di questo terremoto politico e formale accusatore delle ingerenze dell’Iran negli affari arabi, in particolare in quelli libanesi e yemeniti.
Uguali accuse erano state rivolte dal premier dal premier dimissionario libanese Hariri nel suo discorso televisivo, riferendosi alle “interferenze” dell’Iran e del suo alleato in Libano, gli Hezbollah.
Non si è fatta attendere la risposta iraniana. Il ministro degli esteri Javad Zarif ha accusato l’Arabia Saudita di intraprendere guerre di aggressione, bullismo regionale, comportamento destabilizzante e provocazioni rischiose, ma accusa l’Iran per le conseguenze
Teheran ha negato ogni coinvolgimento con il missile sparato dagli insorti yemeniti e per bocca del leader degli Hezbollah libanesi, Hasan Nasrallah, ha tuonato che le dimissioni di Hariri sono l’effetto delle pressioni saudite.