“Questi finocchi uccidono fascisti”. Questo lo slogan che appare scritto su uno striscione sostenuto da alcuni miliziani armati e con viso coperto. Accanto a loro e al loro striscione appare poi una bandiera arcobaleno, popolare simbolo del movimento Lgbtq, e una bandiera a sostegno dell’anarchia.
Sullo sfondo è impossibile non notare i segni della battaglia, di una guerra di liberazione che ha coinvolto molte città della Siria e dell’Iraq, prima su tutte Raqqa, fino a poco tempo fa definita “la sede dello Stato Islamico”.
Insomma, per chi ancora non lo avesse capito, in Siria è nata la prima unità di combattenti interamente composta da ragazzi e ragazze gay, lesbiche e bisex, ma anche transgender, queer e intersex. The Queer Insurrection and Liberation Army (Tqila) altro non è che un movimento di battaglia pronto ad accogliere “chiunque desideri abolire il genere binario e far avanzare la rivoluzione delle donne e una più ampia rivoluzione di genere”.
In un comunicato, Tqila tiene a precisare che “i nostri membri hanno guardato con orrore quando fascisti ed estremisti in giro per il mondo hanno preso di mira la comunità queer e assassinato numerosi suoi membri, sostenendo che fossero malati, peccatori o addirittura contro natura. Non potevamo certo guardare passivamente alle immagini di omosessuali buttati giù dai tetti dei palazzi o lapidati a morte dall’Isis”.
Ecco allora che in circolo c’è una nuova unità di combattenti in funzione anti-Isis. Perché i gay non sono mica più “quelli di una volta”: ora anche i gay, che nell’ombra non ci stanno più, picchiano (giustamente) duro!