In una lettera scritta il giorno dopo la sentenza d’appello, che gli ha confermato la condanna all’ergastolo comminatagli nel primo grado di giudizio, Massimo Bossetti si definisce “profondamente deluso, sconfortato e distrutto”. “Sono stanco di cercare di farmi capire e non essere capito né ascoltato per come realmente sono”. Da qui, l’amara conclusione: “Sono un peso per tutti oramai”.
Il muratore di Mapello sta soffrendo molto in carcere, come lui stesso spiega: “Soffro attraverso gli occhi di mia moglie, dei miei figli, di mia mamma e di mia sorella. Sto vivendo una sofferenza ingiusta. Mi chiedo ora che valori abbia la mia vita, se non mi viene concessa alcuna possibilità di difendermi. Vorrei credere ancora alla parola ‘giustizia’, ma dopo tutto quello che sto vivendo, nella maniera più disumana possibile, ho seri dubbi nel ripensarlo…”.
Nonostante questo incubo che si ritrova a dover vivere (da innocente, a suo dire), Massimo Bossetti non si arrende: “Non demordo e non desisto, primo perché la mia innocenza è diventata per me una ragione di vita, e secondo perché vivo per l’amore della mia famiglia. Pertanto non smetterò MAI nel gridare ad oltranza la più assoluta sincera verità di sempre: LA MIA INNOCENZA!”.
Il suo legale, Claudio Salvagni, dopo avergli fatto visita nel carcere di Bergamo, dice di aver trovato Bossetti “letteralmente disperato”. Disperato per la condanna, certo, “ma soprattutto per la percezione di non aver avuto la possibilità di difendersi”.
Il legale parla di Bossetti come di un uomo “devastato, finito, un morto vivente che si chiede come mai la sua preghiera di una perizia sul Dna non sia stata accolta. Si chiede come potrà spiegare ai propri figli che il padre è stato condannato per la seconda volta. E ogni volta si lascia andare a un pianto disperato. Io stesso esco con il cuore spezzato. E’ una cosa indegna quella che sta vivendo Massimo, una cosa indegna per un paese che dovrebbe essere la patria del diritto”.