«Fratelli e sorelle, buonasera». Esattamente un anno fa, con queste parole così semplici e così poco formali, aveva inizio il pontificato di Francesco. Mai un esordio, nei modi e nello stile, è stato tanto programmatico, per un Papa che finora ha fatto dell’umiltà e dell’anticonformismo uno dei capisaldi della sua azione.
Ma andiamo con ordine. Nel concistoro dell’11 febbraio 2013 Benedetto XVI ufficializza la rinuncia al soglio pontificio, aprendo una serie di grandi interrogativi: è legittimo per un Papa dimettersi alla stregua di un qualsiasi leader politico, anziché esercitare le sue funzioni vita natural durante, come vuole la prassi ecclesiastica? A cosa sono legate le ragioni di questa scelta? Quale sarà il futuro della Chiesa? Due pontefici potranno coesistere? Come? Mentre prelati, fedeli e vaticanisti di tutto il pianeta cercano di dare delle risposte, il 28 febbraio Ratzinger apre la cosiddetta sede vacante, cioè la fase in cui la Santa Sede rimane senza la sua guida. Il 12 marzo comincia il Conclave e il giorno successivo, al quinto scrutinio, arriva la fumata bianca. Quella stessa sera il cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran, nel consueto cerimoniale dell’Habemus Papam, annuncia al mondo l’elezione di Jorge Mario Bergoglio, che sceglie il nome di Francesco.
Argentino classe 1936 e primo pontefice proveniente dal continente americano, sin dall’inizio Bergoglio ha cercato di spazzare via tutti i dubbi relativi alla sua figura proponendosi come l’uomo del rinnovamento, chiamato a dare una svolta radicale al cammino della Chiesa. In questa direzione vanno la rinuncia ai privilegi, l’utilizzo dei mezzi pubblici come un sacerdote qualsiasi, l’abitudine a portare da solo la propria borsa da viaggio, il rifiuto di indossare la croce d’oro: gesti di per sé piccoli, ma di straordinario significato simbolico. Del resto emblematica è stata anche la scelta del nome: Francesco, come Francesco d’Assisi, uomo di pace che fece di una vita povera e al servizio del prossimo la sua missione. Un nome che, guarda caso, nessun Papa ha mai assunto prima.
Spostandoci su un piano più concreto, le novità portate da Bergoglio sono state tante. Il Papa ha istituito una serie di commissioni con l’obiettivo di riformare in profondità l’architettura istituzionale della Chiesa. Nel mirino è finito soprattutto lo Ior, tempio delle finanze vaticane, più volte in passato coinvolto in scandali e affari di natura quantomeno torbida. Papa Francesco ha poi rafforzato la lotta alla pedofilia, approvando la creazione della commissione per la tutela dei diritti del fanciullo e allontanando diversi preti pedofili. Sul tema degli abusi su minori, a onor del vero, resta ancora molto da fare, tant’è che lo scorso febbraio l’Onu ha richiamato duramente il Vaticano. Francesco ha avviato sulle pagine di Repubblica un interessante confronto con Eugenio Scalfari, non credente, che del quotidiano è lo storico fondatore. In politica estera si è distinto per il forte impegno in favore della pace in Siria. E lo ha fatto accompagnando gli appelli, le preghiere e i digiuni con una lettera, inviata ai leader politici mondiali in occasione del G20, e con la presentazione di un piano di riconciliazione in tre punti.
Oltre che dalle azioni, la rivoluzione risulta evidente nelle parole. Nei suoi 208 discorsi ufficiali, Bergoglio si è soffermato sui poveri, sul lavoro, sulle ingiustizie e sulle donne con una frequenza molto superiore rispetto ai predecessori. In dodici mesi ha usato ampiamente i concetti di «vita» (ben mille volte), «amore» (settecento volte) «perdono» e «misericordia» (ogni duecento parole), «pace» (trecentotrentasei volte). Ha cercato insomma di raccontare la fede in modo diverso: non come pomposa solennità, ma come sentimento sincero e profondo. E ha tentato di costruire una nuova immagine della Chiesa, più vera, più vicina, più attenta alle esigenze quotidiane delle persone. Un passaggio, questo, tutt’altro che scontato.
La sensazione è che Papa Francesco continuerà sulla strada che ha tracciato in questo primo anno di pontificato. Proseguirà, quindi, nel segno del cambiamento, un cambiamento che potrebbe riguardare per esempio le posizioni ecclesiastiche in materia di divorziati, contraccettivi, non credenti e diritti gay: tutti temi molto delicati, sui quali però il pontefice ha dato l’impressione di essere disposto a discutere. L’esito sarà – almeno così si spera – un cristianesimo al passo con i tempi, capace di difendere i propri valori fondanti, ma anche di evitare gli atteggiamenti di cieca chiusura e ostentata superiorità assunti in passato.