Cento milioni di euro destinati all’edilizia scolastica potrebbero andare persi tra pagine e pagine di scartoffie: è il rischio che si corre se le pratiche per accedere ai fondi messi a disposizione dal decreto del Fare – 150 milioni messi insieme dal precedente governo – rimarranno bloccate, se la burocrazia non verrà davvero snellita come promesso dal presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Il ministro Giannini ha già dovuto prorogare di due mesi il termine per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione in 692 scuole; ora gli enti locali potranno presentare i propri progetti fino ad aprile, quando altrimenti il decreto sarebbe scaduto il 28 febbraio.
A quella data, infatti, era stato dato il via solo a 207 interventi, utilizzando meno del 24% delle risorse a disposizione. Eppure, i soldi ci sono: paradossalmente il difficile è spenderli. Ma è difficile proprio a causa delle decine e decine di cavilli burocratici dietro ai quali province e regioni sono costretti a perdite di tempo che, in questo caso più che mai, si traducono in perdite di denaro. La proroga è stata concessa «per evitare di vanificare il lavoro fatto negli scorsi mesi», ha dichiarato il Ministero della Pubblica Istruzione. Ma il male da estirpare è più profondo.
Per Renzi la soluzione è «dare una corsia preferenziale ai soldi per la scuola, perché si spendano con tempi più serrati di quelli previsti dalle norme vigenti»; lo ha detto durante la sua visita a Siracusa, seconda tappa del tour nelle scuole italiane.
Dunque Renzi ha scritto ai sindaci, chiedendo loro di comunicare quali sono gli istituti bisognosi degli interventi più urgenti; mercoledì prossimo, poi, insieme al Jobs act verrà presentato un pacchetto di misure per la scuola.
Il ritornello però è sempre lo stesso: con quali soldi? La risposta invece stavolta sembra essere positiva: ci sono, basta cercarli e metterli tutti insieme. Secondo l’Associazione nazionale dei costruttori edili, infatti, dal 2004 al 2013 sono 3,6 i miliardi racimolati tra fondi nazionali ed europei. Di questi, però, ad oggi ne è stato speso solo un miliardo.
«Per questi 2 miliardi e mezzo – spiega infatti il sottosegretario all’istruzione Roberto Reggi riferendosi ai fondi rimanenti – ci sono coperture certe, risorse incagliate in vari capitoli di spesa che stiamo sbloccando per farle convergere sullo stesso obiettivo. Certamente non saranno sufficienti a mettere tutto a posto».
La ricerca è già partita: «stiamo lavorando, anche in queste ore, assieme agli enti locali per verificare le varie disponibilità proprie o reperibili da altre fonti» continua infatti Reggi. «Vanno trovate altre soluzioni oltre ai fondi diretti. Già in passato sono stati presi in considerazione fondi d’investimento e forme di partenariato pubblico-privato e si stanno valutando varie possibilità».
Anche da parte delle province c’è fermento: «stiamo inviando la documentazione sui progetti già appaltati al Miur – spiega il presidente dell’Unione delle Provincie d’Italiane Antonio Saitta; – nel frattempo abbiamo iniziato a inviare alla mail del Governo le proposte di interventi, così da permettere al presidente Renzi di disporre, entro la data indicata del 15 marzo, di almeno un progetto per Provincia sulle scuole superiori».
[Foto: oggitreviso.it]