Lavoro, Camusso avvisa Renzi: “Si confronti con le parti sociali”

Mentre sembra vicina ad andare in porto la tanto attesa legge elettorale, il governo si muove anche su altri fronti. I dati drammatici relativi alla disoccupazione, soprattutto giovanile, hanno convinto Renzi ad accelerare sulla riforma del mondo del lavoro. E il Jobs Act, come annunciato su Twitter dal premier, dovrebbe essere pronto entro mercoledì prossimo.

Proprio su Twitter un follower ha chiesto all’ex sindaco di Firenze se avesse intenzione di entrare a far parte della Cgil, vista l’insistenza sui concetti di lavoro e crescita. Il diretto interessato ha risposto: «È un rischio che non corro, né io né la Cgil». Una battuta che non è piaciuta per niente a Susanna Camusso, leader del maggiore sindacato italiano: «Il presidente del consiglio ha un grande amore per gli strumenti mediatici. Dice di stare tranquilli, che non s’iscriverà alla Cgil? Io non sono tranquilla per il rapporto che lui pensa di avere con le parti sociali. Già con Monti o Letta abbiamo visto saltare il rapporto tra governo e parti sociali: il governo andava avanti per la sua strada salvo poi scoprire, come nel caso della riforma delle pensioni, che forse sarebbe stato meglio parlarsi prima. Dal passato dovrebbero imparare tutti».

L’affondo è duro e non fa sconti. La Camusso critica il ricorso eccessivo a telelavoro e tweet che, dice, non possono in alcun modo sostituire il confronto diretto, perché quello relativo al futuro assetto industriale dell’Italia è «un grande problema» e non può essere affrontato in modo sbrigativo. La presa di posizione è netta anche sul Jobs Act, che non dovrà essere impostato secondo «uno schema di ragionamento che si ferma alle regole e non guarda invece a come creare eguaglianza e posti di lavoro». Il segretario della Cgil chiede «un forte intervento pubblico» per facilitare le assunzioni, evitando «l’ennesima moltiplicazione delle forme di ingresso al lavoro e quindi della precarietà». Non forma, ma sostanza, perché al Paese ora le promesse non bastano più. Serve una scossa vera. Segnali concreti di inversione di rotta.

Intanto è tornato a parlare anche il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha rimandato il giudizio sul Jobs Act a quando il piano verrà presentato nella sua forma definitiva. Il presidente degli industriali in questi giorni ha già incontrato diversi ministri del nuovo esecutivo, per «portare la nostra collaborazione nel modo migliore». Mano tesa, dunque. Nella speranza che la politica non fallisca ancora.

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