Qualche giorno fa ho scoperto, e me ne sono immediatamente innamorata, il nuovo spot pubblicitario della Guinness, “Made of More” che mi ha fatto ripensare ad uno dei principi del cosiddetto marketing “non convenzionale”, il quale dice “non cercare un posizionamento sul mercato, ma il tuo senso nella società”. Detta volgarmente, dobbiamo “lavorare per far evolvere l’umanità invece di pensare solo a fottergli soldi“.
Meravigliosamente blasfemo e rock’n’roll, sin dalla traccia musicale scelta, “What makes a good man?” dei The Heavy, il senso più bello di questo spot risuona dritto nel petto, come una freccia che ha bucato il cuore: la canzone dice “Dimmi, adesso, cosa rende buono un uomo? Non c’è niente di sbagliato in questa bestemmia, l’esperienza ha un altro significato per me” e man mano che il film si dispiega, è chiara la bestemmia a cui si riferisce, criticamente, il messaggio della Guinness.
Lo spot è stato girato in Sud Africa in cinque giorni ed è ambientato in questo esatto momento storico. Cita infatti guerre e crisi che stiamo realmente vivendo e le mostra dal punto di vista dei Sapeurs congolesi, gli “edonisti neri”, i maniaci africani del lusso, i maestri indiscussi di stile ed eleganza che, ipercriticati dal resto del mondo per i loro eccessi vissuti in un contesto di tragicità, sembrano arrivare da un altro pianeta: in questa piccola perla cinematografica, si illustrano le vicende che portano ai Sapeurs a stare insieme, fondando una morale comune basata su rispetto e creatività. Si vedono gli uomini gettare gli abiti da lavoro e, a fine giornata, iniziano la propria trasformazione. Il narratore si cala tra le scene dicendo che se “nella vita, non si può sempre scegliere quello che fai, è sempre possibile scegliere chi sei“.
“Io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima” è il credo dei Sapeurs, una subcultura cresciuta in Congo come espressione di disobbedienza civileal regime di Mobutu.
Ma la Guinness non si è accontentata di una parentesi di pochi secondi da proiettare in Europa, così ha anche girato un documentario sulla vita dei protagonisti dello spot, “The man inside the suite”, nella città di Brazaville, in cui a parlare è un bellissimo uomo di 78 anni, vestito come il Principe Carlo d’Inghilterra, che si definisce un “forever young” e che spiega come la vita, laggiù, non sia definita dalla professione o dalla ricchezza dei suoi cittadini. E, poiché essi non posso essere ricchi, allora si dimostrano ricchi di spirito.
Infatti, nonostante le circostanze sociali releghino questi congolesi a lavori molto umili, a fatiche e sofferenze, la loro lealtà e il loro coraggio li rendono solidali li uni con gli altri. La loro scelta di vita appare molto estrosa, ma coraggiosa: hanno deciso di adottare uno stile colorato ed estremamente elegante, trasmettendo un messaggio di originalità, dignità e positività, e hanno fondato la Société des Ambianceurs et des Personnes Elégantes (Sape), cioè la Società di persone eleganti del Congo.
La tradizione è iniziata nel 1920, quando la Repubblica del Congo era ancora una colonia francese. A quei tempi molti congolesi erano affascinati dalla raffinatezza francese e decisero di imitarne lo stile. I sapeur non sono però milionari, ma come mostrato nella pubblicità, sono poliziotti, venditori ambulanti, minatori, appartengono cioè alla classe operaia africana, basta pensare che circa la metà dei residenti del Paese vive al di sotto della soglia di povertà, quindi hanno dovuto inventare un modo differente per esprimere la natura del loro spirito.
Con lo stile innegabile e un rigido codice morale, i membri della Société des Ambianceurs et des Personnes Elégantes dimostrano che in tutto mondo si può vivere la propria vita con integrità e vero carattere. In questo senso, quando un brand coglie l’importanza dello sviluppo dei temi di collaborazione e cambiamento positivo che la sua comunicazione può supportare, in automatico la pubblicità, intesa come messaggio di massa che siamo costretti a subire, cambia volto e diventa una leva motivazionale per tutti noi. Rispetto a qualche tempo fa, oggi per comunicare il nostro messaggio di cambiamento siamo senz’altro costretti a lavorare molto più intensamente, mettendoci in relazione a più livelli con tutte le persone, comprendendo i loro linguaggi e cercando di replicare il senso più profondo dei relativi messaggi, puntando quindi ad un’autentica cooperazione con i gruppi sociali di cui entriamo a far parte.
Questo spot penso resterà nella storia della pubblicità perché ricorda agli africani, alle ex colonie, ai popoli sottomessi e a tutti i cittadini del mondo che il destino di tutti noi non è già scritto e, attraverso un messaggio fortemente emotivo, ci fa immaginare quale potrebbe essere anche il nostro immenso potere per il Cambiamento, per la nostra vita e per la nostra società.
I brand di nuova generazione (ma anche molte marche storiche) si stanno indirizzando verso un tipo di “economia sociale” basato sulla cura del proprio mondo e sull’importanza dei valori sociali che vengono trasmessi con il proprio modo di fare business.
Sarà che essendo riuscito in questo lavoro, il Guinness spot del 2014 fa già impazzire il mondo della pubblicità, e non solo: è finito il tempo della vendita, ora il marketing deve saper essere societ-ing e trasmettere un’etica.