A Bari è finita l’era Matarrese. Almeno così sembra. Il condizionale è d’obbligo quando si parla della famiglia Matarrese: la loro presidenza è infatti la più longeva della storia del calcio italiano. Un rapporto che ha finito per logorare città e tifosi, creando una frattura insanabile nei confronti della squadra. Trent’anni e sentirli tutti. Nelle crepe dei conti del club, dei risultati in campo, di uno degli stadi più belli d’Italia (progettato nel ’90 da Renzo Piano) ormai ridotto a cattedrale nel deserto, monumentale simbolo fatiscente di una grandezza sognata ma mai raggiunta, emblema più di megalomania che di un progetto reale, e realistico. Il San Nicola cade a pezzi, la Società non può più pagare nemmeno le trasferte, per non parlare dei fornitori costretti a inventarsi soluzioni innovative come il pignoramento del cartellino di un calciatore (Wyn Consult con Galano).
Se è vero che i bilanci si fanno alla fine, il bilancio, cari fratelli Matarrese, è in rosso. In tutto. È in rosso quello dei conti che ha costretto Vinella (o meglio, un suo delegato) a presentare in tribunale i libri contabili, necessari per avallare l’istanza di fallimento presentata dalla Società. È in rosso quello dei risultati, perché non sono bastati 37 anni a realizzare quello che dal primo giorno era il progetto di Antonio e Vincenzo Matarrese: l’Europa. Anzi. Il Bari dei Matarrese è stata una realtà mediocre, non degna della nona città d’Italia (dati alla mano). Una squadra ascensore che solo in poche stagioni ha infiammato i propri tifosi con campionati da matricola terribile. Ma che sempre matricola è rimasta. Materazzi, Fascetti, Conte e Ventura ci hanno provato, ma nessuno è stato messo nelle condizioni di riuscirci davvero.
Sono in rosso, anzi in nero, i rapporti con i media e con i tifosi. Chi convoca nel 2014 una conferenza stampa senza possibilità di replica? L’As Bari. Un dialogo inesistente con la gente, una comunicazione univoca nell’era dei Social. La scelta di collaboratori inadeguati e quei pochi adeguati (Gianluca Paparesta) costretti a dare le dimissioni per incompatibilità con la famiglia. Nel frattempo i tifosi hanno abbandonato lo stadio, i bambini hanno scelto di tifare per le squadre del nord e non si vede più una sciarpa biancorossa in città. Senza passione, senza amore, senza coinvolgimento il calcio muore. L’hanno voluto i Matarrese, adagiando spessissime fette di prosciutto sui loro occhi mentre i loro dipendenti umiliavano la città di Bari vendendosi partite e facendo i loro porci comodi. Stagione 2010/2011.
Ora si procederà all’asta: saranno tre i Curatori che si occuperanno del fallimento dell’AS Bari. Tutto sarà formalizzato fra lunedì e martedì. È il segno tangibile che alla sezione fallimentare vogliono fare di tutto per garantire un’asta veloce e quindi il mantenimento della categoria: la serie B. Anche perché i giorni a disposizione degli acquirenti sono solo 45. Le prime indiscrezioni parlano di una cordata locale e di una del Belgio, ma potenzialmente molti imprenditori potrebbero essere interessati ad acquistare il titolo di una Società con un grossissimo bacino d’utenza e molta fame di calcio. Vedremo finalmente se avevano ragione i Matarrese quando dicevano che non c’erano acquirenti o se era la loro la volontà di non vendere per non perdere potere contrattuale negli affari cittadini. Già domani, contro il Lanciano, la tifoseria potrebbe decidere di tornare allo stadio a sostenere la squadra. Per la maglia, per i colori e per la città.
Ah, non credo di dover spiegazioni a nessuno: ma l’Editor qualora non si fosse capito, ha il Bari nel cuore. E sogno di rivedere il suo stadio ribollire di passione, entusiasmo e calore. Fate presto con questi libri. Vogliamo tornare ad essere esperti di calcio, non di avvocatura, procedure fallimentari e contabilità.