C’è chi lo ama e chi lo odia: Matteo Renzi non lascia indifferenti. Dopo i dieci buoni motivi per cui potrebbe farcela, eccone allora altrettanti per cui invece potrebbe fallire. Perché se i suoi sostenitori possono solo sperare di non essersi messi in mano all’ennesimo ladrone, i detrattori al contrario si cullano nella certezza che, visti i precedenti, la suddetta possibilità non è poi così remota.
1. Troppe parole e pochi fatti concreti
È la critica più sentita nei confronti del nuovo premier, di cui ha dato prova in occasione del discorso per la fiducia in Senato: un monologo durato oltre un’ora in cui Renzi stesso non è riuscito ad attenersi al discorso già preparato ed è partito in quarta, a braccio, esponendo le idee man mano che gli venivano in mente.
C’è chi quel discorso lo ha amato, ritrovandovi lo spirito giusto per affrontare una crisi che tutti i suoi predecessori non sono riusciti a fronteggiare con i metodi classici; ma c’è anche chi gli ha rimproverato l’eccessiva enfasi con cui, tra le mille parole, Renzi ha tralasciato di specificare come effettivamente avrebbe portato a compimento i mirabolanti progetti esposti. D’altra parte, gli italiani non possono permettersi di fidarsi delle sole parole: vogliono i fatti, e li vogliono perché ne hanno bisogno. Eppure, se per i fatti è troppo presto, almeno allora che abbiano numeri e dati certi.
2. Sembra tutto, meno che di sinistra
Matteo Renzi è il segretario del Partito Democratico, ma di sinistra sembra avere ben poco. Non per niente, paradossalmente risulta antipatico più ai suoi compagni di partito che all’opposizione: basta pensare alla bonarietà con cui viene visto da Berlusconi. E da qui passiamo al prossimo punto.
3. L’intesa con il “nemico”
Difficilmete gli elettori perdoneranno a Matteo Renzi il losco incontro con Silvio Berlusconi all’interno del Nazareno, durante il quale si è giunti all’accordo sulla nuova legge elettorale. Per quanto la logica preveda manovre del genere (un accordo prima della legge equivale a vedere la stessa legge approvata senza troppe difficoltà, una volta in Parlamento), la prassi dimostra che in politica l’immagine conta, spesso e volentieri più dell’operato. Proprio per questo dall’incontro con il leader di Forza Italia, il segretario democratico non è uscito indenne, tutt’altro: se prima a berciare contro di lui erano solo i Cinque Stelle, una volta fuori dalla sede del Pd Matteo Renzi si è trovato a dover fronteggiare anche migliaia di sostenitori sempre più sospettosi.
4. I dissidi all’interno del Pd
Fassina e Civati, tanto per dirne due tra chi non gradisce lo spirito fin troppo “rottamatore” di Renzi. A destare ostilità infatti contribuisce il clima che si è instaurato all’interno del primo partito italiano, in cui sembra che a Renzi non dispiacerebbe affatto ritrovarsi con la scena tutta per sé.
5. L’ego spropositato
C’è poco da fare: è questione di carattere. Già solo dal suo carisma, vera e propria arma da sfoderare contro gli avversari, si capisce come in realtà l’ego di Renzi sia preoccupantemente ambizioso. Fino a pochi mesi fa era uno tra i tanti sindaci italiani, poi è diventato segretario del Partito Democratico, ora capo dell’Esecutivo. Troppo successo in troppo poco tempo non giova all’immagine di un politico.
6. Troppe promesse
La riforma fiscale, quella scolastica, il Jobs Act: Renzi ha promesso tante cose, troppe per riuscire a credere che riuscirà a mantenerle. In questo caso, ovviamente, solo il tempo potrà rispondere; ma l’esperienza insegna che chi troppo vuole nulla stringe e per gli italiani non è impensabile credere che non ce la farà. Renzi lo sa e ha già messo le mani avanti, dichiarando di non aver nulla da perdere se non la propria faccia. Peccato che, tolta ad un politico la propria faccia, non ne rimanga più niente.
7. Lo scetticismo verso il nuovo governo
Renzi aveva una grande occasione: dopo aver dimostrato quanto il Movimento Cinque Stelle fosse poco aperto al dialogo, in occasione delle consultazioni con il leader Beppe Grillo e dei “pizzini” con Di Maio, avrebbe potuto prendere i grillini in contropiede e cominciare a portare avanti le riforme più condivisibili (e condivise) dalla piazza. Il taglio agli stipendi dei parlamentari, o il ritiro dell’acquisto degli F-35. Ciò avrebbe garantito al premier un ritorno di fiamma da parte di tanti elettori Cinque Stelle, la cui delusione nei confronti del MoVimento era già palpabile nell’aria.
8. L’arrivo immediato di nuove tasse
Il nuovo nemico si chiama Tasi: una nuova imposta sulla casa che, a discrezione dei comuni, potrà aumentare fino allo 0,8%. I soldi racimolati con essa serviranno a finanziare le detrazioni stabilite dai sindaci. In altre parole, tuttavia, si può parlare di un nuovo nome per l’odiata Imu. Tanto può bastare per rendere la figura di Renzi tristemente simile a quella dei suoi predecessori. Certo è che da qualche parte i soldi andranno presi, ma non si può biasimare gli italiani se sono contrariati dal fatto che, come al solito, si punta anzitutto alle loro tasche.
9. I soliti nomi al nuovo governo
Se non piacevano le larghe intese del governo Letta, ancor meno successo ha riscosso l’asse Renzi/Alfano. Per quanto presumibilmente anche i due leader avrebbero volentieri evitato di doversi dividere l’esecutivo, il compromesso non ha fatto altro che scontentare tutti per non accontentare nessuno. A ciò vanno aggiunti i nomi poco limpidi che, in virtù di questo compromesso, hanno finito per ricoprire le cariche di viceministri e sottosegretari. L’ultimo smacco per il governo Renzi, ad esempio, è stata la cantonata presa con il caso Gentile.
10. Lo sgambetto ad Enrico Letta
Infine, a minare le basi del neonato governo Renzi c’è il modo in cui è venuto alla luce. La manovra con cui il Presidente del Consiglio è arrivato al potere non riuscirà mai a ripulirsi dalla connotazione di vero e proprio “sgambetto” nei confronti di chi, come Enrico Letta, a detta di Renzi era un amico al quale non avrebbe mai sognato di rubare il posto. Invece è proprio quello che è successo: contingenze particolari o meno, il rischio della mossa era esattamente quello di venir additata come scorretta. Evidentemente per Renzi è stata una condanna migliore di quanto avrebbe sofferto nell’aspettare le elezioni ma, stanti così le cose, ce ne vuole di ottimismo per credere in questo nuovo governo.
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