Il presidente in carica che si dà alla fuga, la storica leader dell’opposizione che viene liberata e infiamma i manifestanti riuniti in piazza Maidan. Due segnali inequivocabili della rivoluzione ucraina che da un giorno all’altro ha portato al rovesciamento del regime di Yanukovich e alla vittoria del popolo.
«Nessuna goccia di sangue versato sarà dimenticata. Siete degli eroi, ma il nostro lavoro non è ancora finito. Dobbiamo andare avanti fino alla fine» ha detto davanti alla folla Yulia Timoshenko, guida politica e carismatica delle forze di opposizione, in carcere dal 2011. In seguito ha annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni. Difficile, a questo punto, pensare che non le vincerà.
L’Ucraina cambia volto, dunque. Il Parlamento oltre alla scarcerazione della leader ha votato anche la destituzione di Yanukovich, accusato di aver violato ripetutamente i diritti umani. Rimossi tutti gli uomini vicini all’ex Capo dello Stato, che sono stati sostituiti dai rappresentanti dell’opposizione: tra questi anche l’ex ministro dell’Interno Vitaly Zakharchenko, considerato responsabile dei due giorni di guerra civile a Kiev. Oleksandr Turchynov, braccio destro della Timoshenko, ha assunto le funzioni di presidente ad interim.
I manifestanti hanno preso il controllo della capitale e dei palazzi delle istituzioni. La polizia non solo non è intervenuta, ma si è schierata al loro fianco. La residenza di Yanukovich, a una ventina di chilometri da Kiev, è stata invasa dalla popolazione. All’interno uno zoo personale, una collezione di auto d’epoca, libri antichi, laghetti artificiali e campi da golf. Secondo alcune voci sarebbe stata rinvenuta anche una lista di giornalisti sgraditi al regime, che comprenderebbe anche Tetyana Chornovil, la reporter brutalmente aggredita da sconosciuti a dicembre.
Usa e Unione Europea hanno accolto positivamente la notizia della deposizione di Yanukovich. Gran Bretagna e Germania hanno già fatto sapere che sosterranno il nuovo esecutivo e chiederanno al Fondo monetario internazionale di sostenerlo economicamente. Furiosa invece la Russia, che non si aspettava un’evoluzione così rapida degli eventi. Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha definito i rivoluzionari «estremisti armati e pogromisti», agitando lo spettro di una «minaccia alla sovranità dell’Ucraina e all’ordine costituzionale».
Il rischio ora è che il Paese si spacchi in due, con la parte orientale che entrerebbe sotto la sfera d’influenza russa, magari guidata da un governo fantoccio presieduto da Yanukovich, e la parte occidentale che si aprirebbe all’Europa. Da Kharkiv, dove si sarebbe rifugiato, il presidente destituito ha infatti chiarito di non avere nessuna intenzione di arrendersi: «È in corso un colpo di Stato simile alla crisi politica che avvenne in Germania con l’ascesa dei nazisti, non intendo dimettermi e ho il sostegno della comunità internazionale».