Non esiste Sanremo senza una buona dose di polemica. E la regola vale anche per la 64° edizione del Festival che domani debutterà su Rai 1 dopo mesi di febbrile preparazione. Archiviate le discussioni sui compensi troppo elevati e l’indignazione per gli spot offensivi, dal web si alza il grido dei Papa Boys e dei cattolici più intransigenti che si oppongono a suon di Vergogna, Vergogna alla partecipazione dell’artista Rufus Wainwright, atteso ospite della seconda serata.
L’accanita protesta si sta sviluppando da giorni sui social networks, dove è stata lanciata una petizione contro l’esibizione all’Ariston, ma soprattutto si incita tutta la comunità a boicottare la trasmissione con una serie di articoli e condivisioni che descrivono il cantautore come portavoce di blasfemia e satanismo. L’invasata contestazione dovrebbe scendere in strada proprio oggi sotto i palazzi della Rai Matrigna a Viale Mazzini con i contestatori decisi ad assediare la sede muniti di preghiere e slogan come “Blasfemia pagata con i soldi nostri! #bastarai”
Da dove proviene il seme dello scandalo? Agli occhi dei nuovi crociati virtuali il cantautore canadese rappresenterebbe in un corpo solo, tutti i mali che affliggono la società contemporanea. Rufus Wainwright è infatti dichiaratamente omosessuale e si batte da anni contro la discriminazione e l’omofobia, facendosi portavoce della parità per i diritti. Nel mirino del disprezzo anche il suo desiderio di paternità, condiviso con il marito fino al concepimento in vitro della figlia Viva, che nei commenti rimbalzati tra Facebook e Twitter viene descritta come un oggetto “comprato” in provetta e ora costretto a crescere “senza madre, ma con due uomini gay“.
Oltre alla vita privata messa alla gogna, i promotori della protesta hanno attaccato Wainwright soprattutto per la sua musica, puntando il dito verso la canzone “Gay Messiah” che annuncia sulla terra la venuta di un messia omosessuale. Ma non si tratta solo di offesa al sentimento religioso, come spiegano i Papa Boys attraverso un comunicato stampa “Si tratta di violare le leggi dello Stato. Il repertorio dell’artista entra nel reato di offese ad una confessione religiosa mediante il vilipendio, previsto e punito dall’art. 403 del Codice Penale. Inoltre, l’art. 25, primo comma, del Regolamento del Festival, afferma che gli artisti durante le loro esibizioni non potranno assumere atteggiamenti e movenze o usare abbigliamenti e acconciature in contrasto con i principi del buon costume ovvero in violazione di norme di legge o di diritti anche di terzi.”
Pronti a cavalcare l’onda dell’inquietante mareggiata, Alternativa Tricolore, Militia Christi e l’associazione dei telespettatori cattolici hanno dichiarato totale solidarietà alla campagna, come dichiarato dall’Aiart: “Gli organizzatori di Sanremo facciano attenzione a Rufus Wainwright. Le sue canzoni spesso hanno toni blasfemi, dunque sarebbe augurabile che, come invitato alla manifestazione canora, eviti di toccare questi temi.”
Al termine di questa preoccupante vicenda, rimarranno indelebili le frasi cariche di intolleranza che si maschera da malumore e sfrutta la sensibilità religiosa come rifugio sicuro ove nascondersi e da lì colpire. Nonostante venga auspicato il cambiamento e l’apertura sociale, l’universo cattolico è ancora lontano da importanti traguardi soprattutto per responsabilità di una parte di fedeli, che si dimostrano superficiali e ancora bloccati nel tempo, protagonisti di una moderna rivisitazione della caccia alle streghe. La speranza ultima è che si mettano da parte teatrini inutili e che a Sanremo 2014 vinca la musica e la cultura, e non gli insulti bigotti senza spessore.