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Categorie: Cultura News

John Travolta, 60 anni e non sentirli

Published by
Cristian Sciacca

Anno particolare, il 1977. Il re Elvis dà l’addio alle esibizioni dal vivo, la neve scende per la prima volta (e finora unica) su Miami e quattro turbolenti ragazzi londinesi, i Clash, lanciano il loro disco d’esordio. Nel dicembre di quell’anno il mondo scopre anche una nuova patologia: la febbre del sabato sera. Il simbolo di questo sacro rituale metropolitano è un ventitreenne nato in New Jersey, di origini italo-irlandesi, John Travolta. Quel giovanotto con gli occhi chiari e dall’aspetto affabile, il 18 febbraio taglia il traguardo dei 60 anni.

Più di mezzo secolo Joseph John Travolta lo vive all’insegna dell’arte: già da bambino inizia a cantare, danzare e recitare. A dodici anni prende lezioni di tip-tap da Fred Kelly, fratello del più famoso Gene. Ancora teenager, John si mette in mostra a teatro, arrivando anche a Broadway, prima con Rain, poi con Grease, uno dei musical di maggior successo del 1971 negli USA. La carriera di Travolta nei primi anni ’70 viaggia come un treno: l’esordio sul grande schermo avviene tra il ’75 e il ’76 con due brevi ma incisive apparizioni ne Il maligno e nel classico Carrie – Lo sguardo di Satana, firmato De Palma. Nel frattempo, fuori dal set il ragazzo di Englewood intraprende una relazione con la collega Diana Hyland, più anziana di diciotto anni: John la accompagnerà fino alla sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1977 per un cancro al seno.

Proprio il già citato ’77 dà il là ad una doppietta epocale: a Saturday Night Fever di John Badham, cult musical-metropolitano, segue la trasposizione cinematografica di Grease, diretta da Randal Kleiser, che manda in orbita la popolarità di Travolta. L’accoppiata Febbre del sabato seraGrease non segna solo l’affermazione di un artista poliedrico, ma trasforma John in un fenomeno di portata globale: una conferma, oltre ai milioni di giovani ispirati dal look e dalle movenze di Tony Manero o Danny Zuko, la offre il film d’esordio di Neri Parenti come regista, dal demenziale titolo John Travolto…da un insolito destino, parodia (di bassa lega) della pellicola di Badham.

All’apogeo, si sa, segue spesso il declino. Dopo Blow out (ancora De Palma) e Staying Alive (sequel di Saturday Night Fever diretto da Sly Stallone) la carriera di Travolta subisce una brusca decelerazione. Complici, in tal senso, due rifiuti destinati a far sentire il loro peso: il ragazzo del sabato sera rinuncia al ruolo da protagonista sia in American Gigolo che in Ufficiale e gentiluomo. Due lavori che faranno la fortuna di Richard Gere.

Nonostante il rallentamento del proprio percorso, la popolarità di John negli anni ’80 è ancora indiscussa: nell’85 viene invitato da Reagan ad una cena alla casa Bianca, durante la quale balla con Lady Diana. Ma l’impasse professionale si fa sentire, l’ex divo di Grease ha superato da non molto i trenta, eppure già all’inizio degli anni ’90, John Travolta sembra un interprete vicino al capolinea. Nemmeno la simpatica serie di Senti chi parla riesce a procurargli la svolta desiderata.

Per quella, bisognerà aspettare i fatidici quarant’anni: nel ’94 il semi-esordiente Quentin Tarantino gli affida il ruolo di Vincent Vega in Pulp Fiction. Sulle note di Chuck Berry, insieme a Uma Thurman, J.T. interpreta una scena simbolo della cinematografia moderna: Travolta ironizza su sè stesso senza mettersi in ridicolo. Il film funziona alla grande, la carriera di John riparte prepotentemente: più che di svolta, si può parlare di rinascita.

Da quel momento l’ex Danny Zuko non si ferma più, diventando in breve tempo un habituè dell’action/thriller, collaborando con diversi specialisti del genere: da John Woo (Face/Off) a Simon West (La figlia del generale), da Tony Scott (Pelham 123) a John McTiernan (Basic), fino ai più recenti Le belve (regia di Oliver Stone) e From Paris with love (di Pierre Morel). Quest’ultima interpretazione è la fotografia del Travolta degli anni ’10: sovrappeso, col pizzetto e la pelata, John combina con naturalezza fisicità e ironia, riuscendo a bucare lo schermo pur essendo il suo stile lontano dal purismo autoriale.

Sposato dal 1991 con Kelly Preston, John ha subito nel 2009 il dolore più grande al mondo: la tragica scomparsa del figlio sedicenne Jett, affetto dalla sindrome di Kawasaky (o da autismo secondo alcuni media). L’interprete di Englewood ha superato il trauma anche grazie a Scientology, di cui fa parte dagli anni ’70.
Personaggio anche fuori dallo schermo, J.T. ama l’aviazione: possessore di tre jet, nel 2010 ha pilotato personalmente uno di questi fino ad Haiti per portare beni di prima necessità alla popolazione locale colpita dal terribile terremoto.

In quanto ai progetti futuri, Travolta è pronto a vestire i panni del mafioso John Gotti, nel biopic diretto da Joe Johnston che vedrà la luce l’anno prossimo. Insieme a lui ci saranno la moglie ed Anthony Hopkins.

Provaci ancora John: il meglio deve ancora venire.

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Cristian Sciacca