Approvata poche ore fa la svolta annunciata dal segretario Matteo Renzi: con centotrentasei sì, sedici no e due astenuti per il documento proposto in Direzione, si può dare il via alla nuova fase per l’esecutivo prospettata dal leader democratico.
Il progetto del segretario prevede pochi punti coincisi: continuare sulle direttive del piano presentato ieri dal premier Letta, “impegno Italia“; proseguire fino all’«orizzonte naturale della legislatura», obiettivo «da condividere con l’attuale coalizione di governo e con un programma aperto alle istanze rappresentate dalle forze sociali ed economiche italiane» e, infine, continuare sulla via delle riforme costituzionali, accantonate in questi giorni per far fronte al cambio di timone al vertice della presidenza del Consiglio.
Domani Letta salirà al Quirinale per rassegnare le proprie dimissioni da presidente del Consiglio. Lo annuncia in un comunicato, dove spiega: «a seguito delle decisioni assunte oggi dalla direzione nazionale del partito democratico, ho informato il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, della mia volontà di recarmi domani al quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del consiglio dei ministri».
Letta non era presente alla Direzione di oggi: dalla calma “zen” con cui aveva rassicurato la stampa, è passato ad attendere la decisione del suo partito da Palazzo Chigi. Presumibilmente dunque i due sfidanti si erano detti tutti nel colloquio tenutosi ieri mattina, da cui Letta era uscito con il programma “impegno Italia” – che comunque gli è sopravvissuto.
Il segretario Democratico per primo non si era mai sbilanciato neanche nei giorni scorsi, tanto che il dubbio sull’esito della Direzione di oggi era dovuto proprio al fatto che Renzi potesse preferire arrivare al voto – così da poter poi vantare una legittimazione popolare per il suo operato. Invece la spiegazione di oggi è stata esauriente: «so che mettersi in gioco adesso ha un elemento di rischio personale ma quello di oggi non è un rischio personale, è un rischio per il Pd», ha detto infatti durante il suo intervento. «La strada che ho scelto è sicuramente più difficile che aspettare un lento logoramento, che si compiano gli atti, come pure qualcuno ha suggerito. Le mail che ho ricevuto sono di vario genere, ma le più belle sono quelle protettive “attento che ti bruci”. Ma se non avessi rischiato in altri momenti sarei al secondo mandato della Provincia di Firenze».
E dire che, a giudicare dai sondaggi pubblicati dalle testate nazionali più importanti, ben pochi degli elettori Pd erano favorevoli ad una staffetta. L’impressione è che Renzi abbia davvero ceduto all’ambizione di cui lo si è sempre accusato. La speranza invece è che, ad obiettivo finalmente raggiunto, il segretario riesca ad accattivarsi la fiducia dei suoi elettori – e non solo – con le mosse giuste.
Ma, alla resa dei conti, cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo governo? Per ora ancora non è chiaro chi prenderà il posto di chi, anche se presumibilmente sarà Renzi a prendere il posto del premier. Le uniche certezze, comunque, sono quelle annunciate dal segretario oggi pomeriggio: si proseguirà con un governo di coalizione, mantenendo invariata la maggioranza corrente.
O forse no: già Sel infatti ha annunciato di non voler far parte del nuovo governo Renzi.
Per quanto riguarda quest’ultimo, fonti di maggioranza e di minoranza del Pd lasciano trapelare che manterrà la carica di segretario del Pd anche da presidente del Consiglio, il che si va ad aggiungere ai suoi impegni da sindaco di Firenze. In ogni caso, a coprirlo nei suoi impieghi alla segreteria c’è sempre pronto il suo vice Lorenzo Guerini.
«Qualcuno ha scritto in queste ore di ambizione smisurata di Renzi, di ambizione smisurata del Pd», ha detto il segretario durante il suo intervento. «Vi aspetterete che io smentisca. Non lo farò. Io non lo smentisco: c’è un’ambizione smisurata che ciascuno di noi deve avere che è quella di pensare che l’Italia non può continuare a vivere nell’incertezza, instabilità, nella palude e nel tentennamento».