Ha deciso di togliersi la vita buttandosi dal tetto dell’ex hotel Palace di Cittadella (Padova), una ragazza di 14 anni, originaria del padovano, vittima di cyberbullismo su ask.fm. Sul social network, che conta più di 60 milioni di utenti, soprattutto tra gli under 18, la ragazza aveva spesso espresso il suo disagio, le sue difficoltà e quel senso di oppressione che sentiva sempre più pesante. Ricevendo però per lo più insulti e attacchi volgari. Aumentando così il senso di frustrazione e di incomprensione che avvertiva intorno a sé. «Fai schifo come persona», «Spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che c’è sul braccio e morirai!». Queste le risposte che altri utenti avevano lasciato ad Amnesia, questo il nickname della ragazza. Scriveva che temeva di essere ingrassata e la si apostrofava con «ritardata, grassa e culona».
Nonostante da tempo la ragazza cercasse di esprimere la propria sofferenza anche con atti di autolesionismo con dei tagli sulle braccia fatti con un temperino e definiti da lei stessa come «piccole bocche che gridano aiuto», nessuno ha saputo ascoltare e raccogliere quel grido di aiuto. In famiglia sembra che non avesse espresso le sue difficoltà né sembra aver comunicato di quegli insulti ricevuti. Aveva deciso di annunciare il suo gesto in una delle cinque lettere che aveva scritto. Una indirizzata alla madre e ritrovata dalla nonna, nella quale preannunciava appunto le sue intenzioni, un’altra per gli stessi genitori e le altre indirizzate agli amici. Erano parole semplici, inviti a «non dimenticarla» e «a perdonarla perché li aveva delusi».
E proprio Ask.fm è al centro di fortissime polemiche per quella possibilità di scrivere qualsiasi cosa nel più completo anonimato. Ad agosto dello scorso anno, un’altra ragazza della stessa età, di Lutterworth, nel Leicestershire, aveva deciso di impiccarsi sempre dopo i pesanti insulti ricevuti sullo stesso social network. In quella occasione il suo tentativo andò in porto, ma aveva già cercato di suicidarsi bevendo candeggina dopo aver letto quelle espressioni ingiuriose ed essere stata istigata a suicidarsi con frasi come «Muori» o «Prendi il cancro».
Il cyberbullismo, ovvero quegli atti di violenza e molestia che usano il web, gli sms, le mail, i blog, per colpire le vittime, è un fenomeno tanto grave perché in pochissimo tempo le vittime possono vedere la propria reputazione danneggiata in una comunità molto ampia e perché i contenuti, una volta pubblicati, possono riapparire a più riprese in luoghi diversi. E poiché quasi sempre le comunicazioni virtuali restano nascoste all’occhio degli adulti, familiari soprattutto, ed è spesso necessario molto tempo prima che un caso venga riconosciuto. Alcune caratteristiche del cyberbullismo, poi, lo rendono di più difficile controllo. Ad esempio l’anonimato del molestatore che, sebbene illusorio, poiché ogni comunicazione lascia delle tracce, rende difficile per la vittima risalire da sola al proprio interlocutore. Nella comunicazione on line, e in generale nell’uso dei nuovi media si assiste a un indebolimento delle remore etiche ma anche all’assenza di limiti spaziotemporali: mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici, come il contesto scolastico, il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal cyberbullo.
Il cyberbullismo è avvertito come uno dei maggiori pericoli da due terzi degli adolescenti italiani, stando a un rapporto di Pepita onlus. Ricerca dalla quale è emerso anche che il 95% di loro possiede profili social, l’85% ha mentito o mente circa l’età dichiarata online e il 70% naviga senza il controllo dei genitori, pubblicando contenuti video o foto di cui si è poi pentito.
Come aiutare dunque i ragazzi a difendersi nel e dal mondo virtuale, tanto usato ma anche abusato? Se come misure immediate si può cambiare indirizzo di posta elettronica e non frequentare più, o per un po’, siti e chat in cui opera il cyberbullo; non dare corda al persecutore e contattare la Polizia Postale se i fatti sono prolungati e gravi ma anche segnalare il cyberbullo ai moderatori delle chat e dei forum o ai proprietari di blog e siti internet, quello su cui occorre intervenire con molta urgenza è la prevenzione del fenomeno, anche se, come tutti gli interventi educativi, è un investimento a lungo termine ma assolutamente necessario. Lavorando sugli aspetti psico-educativi-relazionali quali la comunicazione, che aiuta tutti a prendere consapevolezza sul significato e la responsabilità che comporta l’espressione di un messaggio, reale o virtuale che sia.
Anche ascoltare e osservare i figli, senza giudicarli e senza colpevolizzarli può essere un validissimo strumento per intervenire in tempo e prevenire così conseguenze ben più gravi.
Sarebbe bene poi riflettere sui bisogni non colmati sia del cyberbullo che della vittima, visto che sono proprio i bisogni ad essere alla base delle nostre azioni.
E soprattutto, è fondamentale l’educazione affettiva, l’educazione ai valori del rispetto, dell’identità e delle differenze, della stima e dell’autostima, delle emozioni e del loro riconoscimento.
Se non si lavora sull’affettività e sulle relazioni tra esseri umani, promuovendo la solidarietà e il mutuo aiuto invece della sopraffazione e della violenza, se non si torna ad ascoltare quello che i ragazzi (ma non solo) chiedono, spesso urlano, anche utilizzando il proprio corpo quando mancano le parole per dire quello che si vorrebbe, se non si insegna alle persone a comprendere il proprio valore e a non accettare che qualcuno le faccia sentire inferiori e le insulti, difficilmente si porrà fine a questi fenomeni.