Core ‘ngrato, la minoranza che spacca Napoli

Minoranza, minoranza, minoranza: ma quanto pesa questa minoranza a Napoli? Prima qualche fischio eccessivo ad Insigne, poi addirittura uno striscione poco affettuoso nei confronti del presidente Aurelio De Laurentiis: “Uccidi i nostri sogni per soddisfare i tuoi bisogni, meglio la “C” che un presidente così”
Pazzesco, per non dire surreale. Perché nemmeno l’amarezza di una stagione che poteva oggettivamente produrre di più, giustifica parole sconsiderate e fuori dalla realtà. Se oggi Napoli ha la possibilità di “lamentare” un’opportunità per lo scudetto svanita troppo presto piuttosto che il raggiungimento dei play-off di Lega Pro, il merito è proprio di quel signore lì chiamato De Laurentiis. Un presidente dal carattere forte, che prova a fare il bene del Napoli. Un presidente che ha commesso i suoi errori, come li commette un attaccante quando sbaglia a porta vuota o un arbitro quando non fischia un rigore plateale. Eppure, così come l’attaccante di turno riuscirà a riscattarsi e quel direttore di gara, nella gara successiva, finalmente concederà quel rigore così netto, anche De Laurentiis ha saputo trovare le chiavi giuste per riproporsi. Il San Paolo, sabato, era spaccato: dalla curva che contestava, alla maggioranza dello stadio – incredula – che ha provato a far ritornare sulla terra qualche tifoso con il prosciutto sugli occhi o qualche altro interesse inutile da specificare.

Per il patron dei partenopei parlano i fatti: dieci anni di successi, dagli inferi della Lega Pro alla musichetta della Champions League, ritrovata già nel 2011. Ha avuto coraggio, aperto spesso il portafogli e ricordato al mondo intero quanto una piazza come Napoli possa offrire in Europa. Ha restituito prestigio e onore ad una società che dopo il fallimento, come una fenice, si è rialzata dalle sue stesse ceneri. Ha offerto la possibilità di far conoscere, anzi riconoscere, un pubblico strappalacrime, tra i più passionali nel globo. Parola di Yaya Toure, centrocampista del Manchester City (non proprio l’ultimo arrivato) che così disse a Sky: “La mattina andammo a fare riscaldamento al San Paolo, Carlos (Tevez) mi parlava di questo stadio, ma io che ho giocato nel Barça mi dicevo, che sarà mai! Eppure quando misi piede su quel campo sentii un qualcosa di magico, di diverso. La sera quando ci fu l’inno della Champions, vedendo 80.000 persone fischiarci mi resi conto in che guaio ci eravamo messi! Qualche partita importante nella mia carriera l’ho giocata, ma quando sentii quell’urlo fu la prima volta che mi tremarono le gambe! Bene, fu li che mi resi conto che questa non e’ solo una squadra per loro, questo è un amore viscerale, come quello che c’è tra una madre ed un figlio! Fu l’unica volta che dopo aver perso rimasi in campo per godermi lo spettacolo!”.

Napoli ha visto campioni veri, come Lavezzi e Cavani. Sì, oggi giocano entrambi in Francia lontani dal mare napoletano. Ma perché Napoli avrebbe dovuto trattenere giocatori desiderosi di cambiare aria e che mantenuti in rosa controvoglia avrebbero creato un danno inenarrabile? Il mercato lo fa la volontà del giocatore, altre parole sono chiacchiere da bar. Lasciare in azzurro Lavezzi o Cavani privi di stimoli avrebbe portato un pessimo binomio formato da prestazioni scadenti ed un abbassamento notevole del valore di mercato: e i vantaggi dove sarebbero? Per il patron napoletano parlano i fatti, pronti a scagionarlo quando lo accusano di pensare solo ai propri interessi. Perché chi non vuole il bene del Napoli, avrebbe tenuto in tasca quel bel tesoretto di 70 milioni incassato tra estate e inverno. De Laurentiis ha chiuso in netto passivo il suo calciomercato, spendendo altri 100 milioni di euro in quattro mesi di trattative. Ha acquistato Higuain, uno dei valori assoluti principali della massima serie soffiato alla Juventus, assieme all’esperienza di Albiol, i talenti di Mertens, Callejon e tanti altri ottimi giocatori.

È umano commettere degli errori. Napoli non sta vivendo la stagione che doveva vivere: per colpa dei calciatori, di Benitez e magari anche di De Laurentiis. Ma da qui a contestarlo con uno striscione inspiegabile, seppur provocato da sole dieci persone, vien da chiedere che tipo di calcio abbiano seguito da quelle parti in tutto questo tempo. La vera Napoli, quella che ha inondato di fischi la scarsa minoranza, continui ad uscire gli attributi, mostrando a tutti la riconoscenza verso chi l’ha rispolverata e tirata a lucido. Napoli non è quella di un ridicolo striscione, ma quella capace – con i sentimenti passionali di chi ama il calcio – di spaventare uno come Yaya Tourè che al San Paolo non giocò proprio la prima partita della sua gloriosa carriera. Core ‘ngrato, Napoli è altro: passione, riconoscenza e amore per la propria maglia. Lo dimostri ancora una volta.

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