“Lunedì, dopo avere consultato il capo dello Stato, prenderò un’iniziativa per sbloccare la situazione”. A dirlo è Enrico Letta in conferenza stampa a Sochi, ribadendolo poi anche sulla sua pagina Facebook e sul suo profilo Twitter. Il premier italiano, che ieri ha partecipato alla cerimonia di apertura dei Giochi, annuncia dunque una svolta dopo l’impasse dell’ultimo periodo.
Come sempre, Letta predica ottimismo. Sostiene che il colloquio con Napolitano servirà a chiarire i dubbi che aleggiano attorno al futuro dell’esecutivo e afferma di nutrire fiducia nei vertici del Pd. Non risparmia, però, una frecciata a Renzi: “Lo sport non è un ‘one man show’ ma un gioco di squadra dove tante professionalità e persone giocano insieme”, sottolinea, facendo riferimento alla situazione politica italiana e alle pressioni del segretario democratico. Il premier, infine, difende il governo: “È una squadra che ha sempre lavorato d’amore e d’accordo”, aggiungendo che “se fate paragoni tra questa e squadre di governo del passato, vi ricorderete fuochi d’artificio…”
Dalla Sardegna, dove è intervenuto a sostegno del candidato governatore dell’isola Francesco Pigliaru, il sindaco di Firenze non fa complimenti e commenta così la decisione di Letta: “Benissimo, era ora. Adesso non ci rimane che aspettare”. Sulle polemiche relative all’accordo con Forza Italia, Renzi replica: “Mi accusano di aver scritto le regole con Berlusconi, col nemico, ma noi scriviamo le regole con Berlusconi per poi batterlo. Le regole si scrivono tutti assieme, è un errore farle da soli, come è stato fatto ultimamente in Italia”.
Le reazioni non mancano anche nel Centrodestra. Alfano punta a un patto di governo della durata di dodici mesi prima del ritorno alle urne. Il neo consigliere politico di Fi Giovanni Toti stuzzica: “Mi sembra – dice – di essere tornati al ’98, ai tempi della staffetta Prodi-D’Alema e se questa è la novità del grande popolo delle primarie, francamente mi sembra un po’ poco”. La soluzione ideale per l’Italia, secondo l’ex direttore di Tg4 e Studio Aperto, sarebbe un governo che realizzi le riforme concordate tra Renzi e Berlusconi.
Proprio il Cavaliere torna a farsi sentire intervenendo telefonicamente a un comizio elettorale del candidato governatore sardo Ugo Cappellacci. “Avevamo perso il rapporto con le persone e in parlamento c’erano i nominati” ammette riferendosi al Porcellum, la legge elettorale varata dal suo governo nel 2005. Una critica rivolta in particolare alle liste bloccate, volute da Fi nell’Italicum, che scatena la reazione della minoranza del Pd: “A questo punto, se le parole hanno un senso, immagino che finalmente non ci saranno più ostacoli a cancellare le liste bloccate e a restituire ai cittadini la scelta dei parlamentari” attacca il deputato Alfredo D’Attorre.
La sensazione è che la prossima settimana sarà decisiva. In più occasioni, da quando Renzi è diventato segretario, Pd e governo sono parsi due corpi estranei l’un l’altro, sintonizzati su frequenze molto diverse. Ora che la tensione ha raggiunto l’apice ogni scenario è aperto. I fedelissimi di Letta fanno quadrato, convinti che il premier sarà in grado di rilanciare l’esecutivo e fare le riforme, ma tra i renziani c’è chi sostiene che l’unica strada da percorrere sia quella della staffetta, con il segretario democratico subito a Palazzo Chigi. Renzi, che non ha alcuna intenzione di bruciarsi, per ora nega con forza questa possibilità. Sa bene, infatti, che diventare presidente del Consiglio in una situazione politica così complessa e senza passare attraverso il voto potrebbe compromettere irrimediabilmente la sua immagine.