Il sogno diventa realtà: Francesco Bellini è il nuovo proprietario dell’Ascoli Calcio (ora Ascoli Picchio Football Club 1898). La cordata guidata dall’imprenditore farmaceutico italo – canadese originario del capoluogo piceno è stata l’unica a presentare un’offerta valida nell’asta indetta dalla curatela fallimentare per acquisire il titolo sportivo dell’Ascoli Calcio spa, dichiarata fallita il 17 dicembre scorso. Al momento dell’annuncio ufficiale, alle ore 16.20, in tutta la città è scoppiata la festa. È stato persino allestito un palco in piazza Arringo come centro dei festeggiamenti.
Una vittoria di tutta la città, di una tifoseria che mai come in questi 50 giorni si è sentita protagonista, prendendo per mano una società fallita dopo 115 anni di storia per riportarla ai fasti che ne hanno fatto la “regina del calcio marchigiano”. Sono stati due mesi intensi, paradossalmente per chi ha l’Ascoli nel cuore i mesi più belli degli ultimi 20 anni: più della promozione in serie A del 2005, più della vittoria nel campionato di serie C del 2002. Si è chiusa un’epoca, quella segnata dalla gestione della famiglia Benigni, che ha sì riportato il Picchio in serie A, ma ad un prezzo troppo alto.
Racchiudere cosa ha provato quel giorno di pioggia di metà dicembre un qualunque tifoso bianconero non è facile: una terra martoriata da mille problemi perdeva anche il suo unico faro, “la stella che sempre brillerà” dice l’inno ufficiale della squadra. Eppure quel giorno a regnare nel profondo dell’animo di ciascuno era un misto di sentimenti tra i quali l’unico assente era proprio la disperazione. Una sorta di “25 aprile” sportivo, che ha liberato la società dalla gogna dei debiti che la stavano facendo sprofondare nel calcio dilettantistico. Il fallimento è stato un atto dovuto, come una fenice che deve bruciare prima di poter rinascere, maestosa, dalle proprie ceneri.
Quello che è accaduto dopo è stato un susseguirsi di emozioni: tifosi che raccolgono fondi per aiutare il curatore fallimentare a sostenere le spese vive della gestione sportiva (come non ricordare la trasferta a Nocera Inferiore finanziata dai supporters bianconeri), gli 8000 spettatori presenti per la “giornata dell’Orgoglio Bianconero”. Ma il momento simbolo è stato forse la trasferta de L’Aquila: 500 cuori bianconeri al seguito di una squadra infarcita di giovani, senza apparenti ambizioni sportive, tutti lì a difesa di una fede che non doveva sparire.
Poi è arrivato lui, il “deus ex machina” della rinascita bianconera: il cavalier Francesco Bellini. Il milionario imprenditore di origine ascolana, con una immensa passione per l’Ascoli Calcio (il nome Picchio campeggia in tutte le sue principali aziende nel paese nordamericano), vola nelle Marche con il suo jet privato, organizza una cordata di persone serie e del luogo, e prepara questo atto d’amore verso la sua terra. “Io nella mia vita di soldi ne ho spesi tanti, ma questi sono quelli che ho speso meglio”, le dichiarazioni di un uomo semplice, a dispetto del portafoglio, innamorato della sua terra. I tifosi si sono schierati al suo fianco, impedendo qualsiasi intrusione di esterni, evitando spiacevoli sorprese. Ore frenetiche quelle della vigilia: tifosi in veglia costante per tutta la notte, accompagnando Bellini in questa frenetica attesa.
Ora la città intera sogna, vedendo nel nuovo presidente la semplicità e l’amore per la squadra di quel grande uomo che era Costantino Rozzi: nessuno ha dimenticato che una città di poco più di 50000 abitanti ha fatto 16 campionati di serie A, mettendo in fila una per una tutte le grandi squadre del calcio italiano. Il tutto senza soldi, ma con idee, impegno, serietà, attaccamento alla maglia. Da questi valori, prima ancora che dai dollari canadesi, riparte il calcio ascolano. E tutta una regione, a scanso di ogni campanilismo, non potrà che giovarsi di un Picchio rinato, pronto a volare più in alto che mai.