Stavamo ancora discutendo sul cartaceo in via d’estinzione quando è nato l’open journalism, cioè il nuovo modello giornalistico che incoraggia la partecipazione di tutti nella costruzione dell’informazione.
Messo perciò da parte il rapporto tra “noi” lettori e “loro” i giornali, il social media ha stimolato in tanti modi il dibattito, la nascita di comunità-tribù intorno ad interessi condivisi, ha fatto socializzare le vecchie generazioni con il web, ha aggregato e selezionato il lavoro online, fino a poco tempo fa inesistente e ha, soprattutto, rinnovato quella forma mentis che ammetteva solo i giornalisti come le uniche voci autorevoli e interessanti nel panorama dell’informazione globale, senza tra l’altro il diritto di replica (o di commento, come si usa sui social network).
Poi è arrivato lui, il social magazine, quello a cui è destinato fondare il movimento del giornalismo personale: siamo già ben oltre l’open journalism, adesso non si tratta più di reperire e dare le notizie -che in tempo di social media non è più una necessità, in quanto già si ha conoscenza contemporanea ai fatti man mano che accadono- ma dare loro una forma più personalistica, narrandone i retroscena, spiegandone le critiche, speculando, nel senso buono del termine, sulla penetrazione di certi racconti piuttosto che di altri nella storia quotidiana del mondo, mettendo radici più nell’antropologia della notizia. La domanda è: ne sentivamo davvero il bisogno? Stando ai fatti, sì.
Cos’è e come funziona Facebook Paper
Con l’annuncio in netto anticipo della nuova applicazione che promette di fare stragi tra gli appassionati di content curation, Facebook Paper è stata rilasciata per la prima volta solo ieri, e solo nel mercato statunitense. Per poter scaricare il servizio anche in Italia occorrerà avere ancora un po’ di pazienza, perché per usufruire sin da subito dell’applicazione è necessario avere un account iTunes americano (oppure farsi furbi, registrando banalmente un id Apple americano, scaricando quindi l’applicazione da quell’account).
Con Paper, Facebook si propone di reinventare radicalmente il concetto di newsfeed, consentendo a tutti gli utenti iOS di scoprire contenuti e ultime notizie, oltre che, naturalmente, di condividere tutto con i propri amici e contatti. Il servizio è stato sviluppato direttamente dai Creative Labs di Facebook, rilasciato sul mercato nel marzo 2012 e conosciuto come Paper by FiftyThree, il progetto nasce per consentire lo storytelling tramite mobile device, e lasciare quindi che si evolva completamente la modalità di narrazione e condivisione dei contenuti: dalle primissime recensioni dell’app, pare che il pubblico abbia colto felicemente i migliori intenti del social per eccellenza e lo abbia già promosso.
Sulla falsariga di applicazioni come Flipboard, la rivista personale che possiamo costruire con Facebook Paper è divisa in sezioni tematiche e personalizzabili e le notizie vengono visualizzate attraverso due categorie di contenuti: da un lato, infatti, è possibile seguire in Home l’aggiornamento generico delle notizie relative ai propri interessi principali, dall’altro, invece, gli argomenti vengono aggregati nelle sezioni tematiche di appartenenza, andando a costituire il «Mio Paper» quotidiano, fatto di riviste specialistiche per argomento. Esattamente come Flipboard, la proposta di newsfeed viene inoltre arricchita anche da informazioni provenienti da influencer e testate editoriali note al pubblico internazionale, oltre che dai contenuti social provenienti dalla rete dei propri contatti.
Con l’anteprima video avevamo già notato che le caratteristiche grafiche di Facebook Paper vogliono essere superbe, puntando ad un design molto fine, facilitatore di un’esperienza d’uso essenziale ma immediata, adatta a catturare l’attenzione e l’interesse di tutti i tipi di utenti trasversalmente, proponendosi appunto come l’applicazione newsfeed definitiva.
Pioggia di polemiche caduta anche in quest’occasione fortunata, come accade quando le azioni appaiono audaci: Paper viene accusata di soffrire delle solite lacune del suo genitore, Facebook, e di essere tanto “ladra” di idee e concept altrui, quanto superficiale nelle valutazioni puramente finanziarie: Paper non è solo una rivisitazione di applicazioni già diffuse, ma l’errore imperdonabile contro il quale il grande pubblico di androiani punta il dito è che il giornale social non è stato rilasciato per Android, nonostante quest’ultimo sia un mercato dominante rispetto al suo avversario iOS.
Cosa significa fare lo “storytelling dell’informazione”
In My Paper per contenuto giornalistico -e forse è questa l’innovazione social per eccellenza- non s’intende solo il tradizionale articolo di giornale o il solito post dai blog più seguiti, ma sono anche foto e video a costituire il materiale “grezzo” sui quali nasce la condivisione: è in questa sottiglizza che la natura di Facebook emerge completamente, perché non è l’informazione il centro dell’esperienza, ma il modo attraverso cui essa viene fruita e preferita dal pubblico lettore, l’ultimo a decidere davvero cosa sarà virale nel prossimo futuro, quindi ad alto tasso di popolarità, e non più le agenzie pubblicitarie piuttosto che gli editori dei quotidiani.
Non molto tempo fa John Lloyd ha pubblicato sulla Reuters che i giornalisti sono ormai condannati all’irrilevanza, così come riportava in un recente editoriale per Internazionale anche Giovanni De Mauro: irrilevanti per far sapere al pubblico l’opinione dei leader politici, che ora grazie ai social possono rivolgersi direttamente agli elettori di tutto il mondo; irrilevanti perché possono permettersi, grazie ai nuovi servizi internet e social network di rifiutare il contatto con i mass media tradizionali; irrilevanti perché l’utente comune, con il suo smartphone e la condivisione delle informazioni a cui è sottoposto durante la sua giornata, supera le tradizionali barriere delle classiche redazioni giornalistiche e arriva immediatamente e senza altri filtri a tutti quanti gli altri utenti.
Ma il mondo del giornalismo farebbe bene a non disperarsi, credendo che l’evoluzione tecnologica stia distruggendo vecchi posti di lavoro a favore della spersonalizzazione della bellissima professione, ma cogliere invece anche con Facebook Paper la grande opportunità che tutta l’editoria sta avendo per tornare a raccontare davvero il mondo, denunciare ingiustizie sociali e abusi politici.
E tornare ad avere un legame complice con le redazioni e i lettori di tutto il mondo.