Dopo la scossa di magnitudo 5,9 della scala Richter che ha colpito il 26 gennaio scorso la città greca di Lixourion, questa mattina è stata interessata da un sisma della stessa intensità l’isola di Cefalonia. L’epicentro del sisma sembra essere stato indiviato in una zona distante appena 12 km da Lixourion.
Secondo quanto riferito dalle autorità, in questo nuovo terremoto in Grecia una decina di persone sono rimaste lievemente ferite colpite da oggetti caduti e i residenti riversati per strada in preda al panico riferiscono di strade danneggiate, blackout di corrente e interruzioni dell’erogazione dell’acqua in alcune aree. Danneggiato anche il porto di Lixouri.
La scossa di questa mattina è stata avvertita anche ad Atene, distante circa 300 km dall’epicentro e sulla costa ionica della Sicilia.
Maria Sahpazi, capo dell’Istituto di geodinamica, sostiene che quella di oggi sarebbe stata una scossa di assestamento del sisma del 26 gennaio e che quindi c’è da aspettarsi che altre scosse scuotano l’isola nei prossimi giorni. Scosse di intensità uguale o, si spera, minore.
Ma nel giro di poco tempo sono tanti i terremoti che hanno colpito zone diverse del Mediterraneo, come a ricordarci che tutta l’area è un bacino sottoposto a grandi tensioni geologiche, dovute al movimento delle due placche, quella africana che si muove verso nord e quella eurasiatica. Gli stessi spostamenti, di circa 1 cm all’anno, che hanno portato alla formazione delle grandi catene montuose come le Alpi o i Pirenei.
Cosa possiamo prevedere quindi per i prossimi mesi o anni?
Le voci sono, come sempre, discordanti. Giampaolo Giuliani, ricercatore dei Laboratori nazionali del Gran Sasso, parla di crisi sismica planetaria e che tutti i terremoti che si verificano negli ultimi tempi siano collegati tra loro poichè le faglie presenti sulla crosta terrestre costituiscono una grande rete. Per cui “l’energia rilasciata da un solo evento si ridistribuisce su tutto il sistema planetario delle faglie“. La causa di questa “crisi sismica” -come se non bastasse quella economica- sarebbe da ricercare, sempre secondo Giuliani, nell’Universo e nell’allineamento dei pianeti che quindi esercitano una forza gravitazionale maggiore. Potendo prevedere altri terremoti si dovrebbe avvisare la popolazione per metterla in guardia.
Di diverso parere, invece, Enzo Boschi, presidente dell’Ingv. I terremoti non sarebbero affatto collegati tra loro e anche la frequenza sarebbe nella norma. C’è piuttosto un aumento della sensibilità dei cittadini dopo quanto avvenuto a L’Aquila e bisogna porre l’attenzione sulla costruzione di edifici eretti con criteri antisismici. Il vero problema infatti, sarebbe la carenza di attenzione posta nella costruzione degli stabili che, infatti, anche con scosse di relativamente bassa intensità, cedono e causano morti. Boschi rileva anche come a nord la qualità delle strutture sia migliore rispetto a quelle del sud.
Non di poco conto, inoltre, il rischio di tsunami anche nel Mediterraneo. Come ricordato da Alessandro Amato, ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, durante una conferenza che si è tenuta a Pisa nell’ambito di Geoitalia 2013. Nella storia dell’Italia, come per gli altri Paesi del Mediterraneo, ci sono molte tracce di tsunami sia antichi che molto recenti. Come quello che nel 1908 colpì Messina e Reggio Calabria. Ma c’è anche da dire che rispetto al secolo scorso, oggi esiste una rete sismica mediterranea che permette lo scambio dei dati in tempo reale , il calcolo in pochi minuti dell’epicentro di un terremoto, l’individuazione del tipo di terremoto e della sua magnitudo. Solo stabilendo questi parametri si può capire se il terremoto può avere carattere di tsunamigenecità. Anche se ancora non esiste una coordinazione tale da trasformare questo tipo di allarme in un piano di difesa della popolazione sulle coste. A questo progetto sta però lavorando l’ INGV insieme al dipartimento di Protezione Civile, collaborando con l’Ispra e l’Aeronautica militare.