Milano in bici: grandi spazi, strade piatte, ma in sella si rischia

C’è la guerra, anche a Milano. Morti e feriti, vittime e assassini, martiri e cecchini.
Un elenco infinito di caduti. Andate a guardare i bollettini dei giornali, a consultare i registri degli ospedali, ad ascoltare le telefonate dei famigliari, a intercettare sms e whatsapp degli amici. Non c’è giorno in cui qualcuno non sia riuscito a farla franca: beccato, colpito, centrato. E c’è sempre qualcuno pronto a garantirgli che gli è andata bene, che gli poteva andare peggio. C’è la guerra, anche a Milano, ed è quella del traffico. A rimetterci — sempre la pelle, talvolta perfino la vita — sono i più deboli, i più fragili, i più esposti (ma anche i più coraggiosi, i più valorosi, i più consapevoli): i ciclisti. Basta una portiera spalancata come se si fosse soli al mondo, e può accadere il peggio: una catena di fatalità offensive, decisive, terminali. L’asfalto diventa una tomba, l’albero una lapide, l’aiuola un memoriale.

E pensare che Milano, a occhio, potrebbe essere la città più ciclabile del mondo. Piatta come un biliardo, la città della madonnina, è sede annualmente dell’Eicma, il Salone Internazionale del Ciclo e Motociclo, esposizione che nel 2013 ha tagliato il traguardo del secolo di vita. Strade mediamente ampie, e le più ampie con i controviali.
Perfino una certa cultura della bicicletta, se si ricorda che qui è nata la Bianchi, che c’era la sede della Legnano mentre è ancora presente l’officina di Masi e poi, poco lontano, quella di De Rosa e poco più in là ancora quella di Colnago. Vi sono marchi storici come Rossignoli e Doniselli, c’è sempre il Vigorelli e, da non sottovalutare, spesso proprio a Milano arriva il Giro d’Italia, legato alla Gazzetta dello Sport, che ha sede proprio in città. Qui si è prodigata Ciclobby, moltiplicata la Critical Mass, diffusa la filosofia della ciclofficina, sviluppata la campagna (e la campana) Salvaiciclisti.
Ci sono anche piste ciclabili, corsie preferenziali, sistema di noleggio pubblico, senza dimenticare le iniziative di pedalate popolari, collettive, pubbliche che testimoniano come qui il popolo delle due ruote — volente, nolente, dolente — s’ingrossa, s’infittisce, si schiera. La bicicletta non è mai stata così tanto scelta, adottata, usata. Addirittura di moda. Scatto fisso e zainetto, cittadino perfetto. Ma l’occasione a due ruote, straordinaria nella sua spontaneità e semplicità, continua a essere trascurata, fra negligenze e indigenze.

Milano non è Londra, e se si pensa alla differenza di clima, il peccato è imperdonabile. A Londra, da anni, si sta costruendo una metropoli più umana, pulita e silenziosa, ma non necessariamente più lenta. Esiste perfino un piano per regalare alla City un altro livello riservato esclusivamente alle biciclette. È vero che anche a Londra si verificano incidenti mortali, ma in proporzione al numero di abitanti e ciclisti, la percentuale sembra nettamente inferiore.
Nel 2015 Milano sarà sede dell’Expo, l’esposizione universale caratterizzata ogni edizione da un tema specifico: Milano ha scelto l’energia: “Nutrire il pianeta, energia per la vita“.
Per completare il processo di globalizzazione, a Milano non resta che progettare o consolidare una metropoli che sia anche a misura di ciclista. Per un territorio come quello lombardo legato da una grande tradizione pioneristica con il mondo delle due ruote, vedere ciclisti sulle proprie strade è del tutto naturale.
Gare leggendarie come la Milano-Sanremo, il Giro di Lombardia, la Milano-Torino hanno scritto la storia in bianco e nero dello sport italiano e lo storico Velodromo Vigorelli, inaugurato il 24 marzo 1935, testimoniano questo eterno connubio tra il capoluogo lombardo e il ciclismo.
Secondo ricerche svolte dall’Associazione dei Produttori, Milano è la città con più biciclette vendute rispetto alle auto: quasi 2 milioni.
Energia, rispetto per l’ambiente, benessere, divertimento. Le due ruote danno opportunità. Serve uno scatto per coglierle.

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