Nel 2014 è Photoshop il cibo delle modelle

Nell’ultimo ventennio il canone di bellezza propinato attraverso i più svariati mezzi, dalla pubblicità alle passerelle, dalle proposte delle case di moda alle copertine dei giornali, dai social alla televisione, inizia ad avere i suoi effetti collaterali.

Già al centro di svariate polemiche, l’eccessiva magrezza delle ragazze del fashion system è divenuta un criterio di selezione a cui oggi si pone rimedio attraverso l’utilizzo di quegli stessi software che un ventennio fa erano stati utilizzati per eliminare quei chili di troppo che ora Photoshop aggiunge.

Coprire costole e clavicole in bella vista, rassodare gambe e glutei scheletrici o ormai inesistenti, dare un aspetto più salubre ai volti e alle carnagioni: questo è il lavoro che svolgono i direttori creativi delle più famose riviste o campagne pubblicitarie.

Un fotoritocco al contrario, rispetto a un decennio fa, spiega Robin Derrick, direttore creativo di Vogue UK: “ho trascorso dieci anni a rendere più magre le modelle e i successivi dieci a renderle più grosse”. Parole di dissenso, indice di un fenomeno che ha sicuramente un importante impatto sociale.

Ed è proprio una sociologa americana, Lisa Wade, autrice del libro “Sociological Images”, a denunciare, in Gran Bretagna, il settore moda, provocando forti reazioni soprattutto negli Stati Uniti, un paese fatto di contraddizioni, tra allarme obesità e fenomeni di anoressia dilaganti.

Reazioni che hanno dato vita però anche a progetti come quelli della stessa rivista Vogue UK, che ha proposto gratuitamente nelle scuole inglesi un documentario che mostra la vera tecnica di modifica di una foto, attraverso l’utilizzo di Photoshop. Un documentario in grado di sfatare i miti sulla perfezione, in grado di porre gli adolescenti, nella fase della loro vita in cui sono più vulnerabili, di fronte alla realtà. Un modo per demolire quell’ideale di bellezza che diviene la malattia di molti giovani e che lo è già da troppo del fashion system.

Un sistema che ha sfruttato e sfrutta corpi di persone, tutti diversi, ognuno con i propri difetti, fino a renderli scheletri omologati, senza bellezza, cosicché niente possa distogliere l’attenzione dal capo che indossano.

E sì, su un cartellone pubblicitario o su una rivista, Photoshop può fingersi una soddisfacente abbuffata, ma, nella vita quotidiana, ognuno deve ricordare chi è, a se stesso e al mondo, anche attraverso il proprio corpo e le proprie peculiarità.

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