Tra ritocchi sempre più minuziosi, la gestazione dell’Italicum è sul punto di terminare. È stato infatti siglato ieri l’accordo tra il leader del Partito Democratico Matteo Renzi e quello di Forza Italia Silvio Berlusconi, con il quale i due hanno cercato di venirsi sempre più incontro fino ad approdare a quest’ultima soluzione.
Sale la soglia per ottenere il premio di maggioranza: non più 35% ma 37% dei voti, compromesso tra il 38% propugnato da Renzi e il 36% a cui sarebbe stato disposto a salire Berlusconi. Scende però l’entità di tale premio: non più 18% ma 15% dei seggi e, in più, i vincitori non potranno comunque superare la quota di trecentoquaranta seggi.
Al governo è stata assegnata una delega per ridisegnare i collegi, compito da portare a termine non oltre quarantacinque giorni; qualora si dovesse eccedere il limite, i lavori si trasferiranno in Parlamento.
Scende la soglia di sbarramento per i partiti che si presentano all’interno di un’alleanza: non più al 5% ma al 4,5%. Anche qui, si tratta di un compromesso tra un Berlusconi determinato a non dover più avere a che fare con i piccoli partiti e Renzi che, per quanto lapidario verso gli stessi, cerca -quando possibile- di evitare lo scontro.
L’aut-aut di Berlusconi lascia tuttavia poco scampo: Renzi ha avuto il “suo” doppio turno, ora tocca a Forza Italia ottenere una misura a suo favore. Ecco allora il cosiddetto nodo salva-Lega, che stavolta accontenta il Carroccio: i partiti che si presentano in non più di sette regioni non dovranno sottostare alle soglie di sbarramento valide per quelli nazionali, ma basterà aver ottenuto il nove per cento in tre circoscrizioni.
Scontata la soddisfazione di Maroni: “la storia della Lega degli ultimi 20 anni è anche storia di coalizione: non per affinità ideologiche, ma sulla base di contenuti e programmi. Io sono favorevole, perché l’esperienza di coalizione che sto facendo al governo della Lombardia, con i colleghi di Piemonte e Veneto, ha buoni risultati e penso debba proseguire. Ma è una decisione che spetta agli organi della Lega“.
Bocciato anche il voto di preferenza, sebbene per il sindaco di Firenze non sembra essere un problema – a suo dire, nel Pd si ovvia all’inconveniente grazie alle elezioni primarie. Eppure, sul tema si scontrano i partiti interni alla stessa maggioranza di governo e già il Nuovo Centro Destra di Alfano giura che porterà avanti la battaglia.
Infine, una piccola clausola. Renzi ha fatto dell’abolizione del Senato un baluardo, ma dare per scontata la sua attuazione sarebbe una follia. Dunque l’Italicum prevede che le stesse procedure per l’elezione della Camera si replichino per il Senato, qualora dovesse sopravvivere al “rottamatore”.
Intanto sul progetto continuano a piovere le critiche. Dopo un Alfano agguerrito, ora è il turno di Sel: “siamo contrari a una riforma elettorale che ha come unico scopo quello di limitare la rappresentanza di milioni di cittadini il cui voto non troverebbe nessuna corrispondenza in Parlamento” afferma Ciccio Ferrara. A quanto pare, il partito di Vendola è pronto a “dare battaglia contro questa legge Forzaitalicum“.
Di diverso avviso invece il premier Enrico Letta che, da Bruxelles, si esprime con cauto ottimismo: “le riforme istituzionali, la legge elettorale e la fine del bicameralismo paritario che rappresenta una cosa obsoleta nel nostro Paese, sono fondamentali per la stabilità e per mandare avanti il nostro Paese. È una buona notizia per l’Italia se riusciamo a farle“.