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Quando la Risorsa Umana è l’ultima risorsa

Published by
Osvaldo Danzi

Capita che una società di moda “leader di settore” in Toscana sia alla ricerca di un Responsabile Acquisti.

Capita anche che la stessa selezione il web ce la restituisca in carica a (nel’ordine): un portale specializzato in profili della moda, un operatore di selezione locale, un’agenzia interinale e una società di head hunting.

La selezione del personale in Italia è una roulette russa.

Come può un candidato oggi affidarsi ad una società di selezione sapendo che il profilo per il quale si propone viene gestito da più società?

Con tutto quello che ne consegue:
a) una società indicherà che sei il profilo giusto
b) una seconda dirà che non sei adeguato
c) il cliente sceglierà il candidato in base all’agenzia che costa di meno oppure sceglierà il candidato più attinente al profilo?
d) è evidente che la competizione fra agenzie e società di selezione inficia in maniera rilevante sulla professionalità dei responsabili di selezione, sempre più giovani, impreparati, e senza la formazione e le competenze giuste per valutare profili specializzati.

Le aziende, dal canto loro, credono di stringere i tempi ed aumentare la velocità della selezione affidandola a più players, in un rapporto che non è più di collaborazione ma che diventa un immenso, confusionario bric-à-brac.

A sfavore naturalmente dei candidati, a cui non si può dedicare la cura necessaria, il tempo adeguato e il feedback dovuto, poichè bisogna battere sul tempo gli avversari.

Ma ciò a cui le aziende committenti non pensano, in un mercato in cui la rete ha un valore comunicativo inestimabile, è il danno di reputazione e immagine (employer branding) a cui soprattutto i brand più rinomati (ma non solo) dovrebbero prestare maggior cura.

Le aziende italiane da questo punto di vista sono completamente assenti.

I racconti di professionisti Italiani che vengono contattati da head hunters esteri a cui le aziende committenti pagano il viaggio e le spese, i feedback professionali e generosi, la gestione dei contatti nel tempo, sono pratiche che nessun recruiter italiano inserisce nel processo di selezione perchè non fa parte della cultura del recruiting nostrano e perchè le aziende clienti non ne vogliono nemmeno sentire parlare: “io già offro un lavoro. Che altro volete?”

È dunque innegabile che i talenti migliori finiscano per diventare “cervelli in fuga”, maggiormente attratti dalle aziende straniere fin dal momento dell’approccio iniziale, per non parlare della cura e della valorizzazione con cui si viene introdotti in azienda e accompagnati nel nuovo percorso.

Signori direttori del personale, perchè così poca cura per le Persone?
Perchè le risorse umane sono rimaste l’ultima risorsa?

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Osvaldo Danzi