La cronaca torna a parlare dell’ormai infuocato dibattito Kyenge-Lega. In particolare hanno fatto molto discutere le parole di un assessore di Spirano (BG), la cui unica particolarità è quella di autodefinirsi un “negher“.
Andando con ordine, risale a ieri l’intervista a Toni Iwobi, assessore di Spirano alle Politiche Sociali, che asserisce col sorriso di non offendersi per essere definito negher dai bergamaschi, in quanto è proprio quello il termine designato dal dialetto bergamasco per definire le persone si colore. E Iwobi, appartenendo alle file della Lega, sottolinea quanto sia sacrosanto che quel termine continui ad essere usato. Ma di sicuro in questa storia le dissertazioni dialettali contano poco, visto che i temi della sua intervista, rilasciata al Giornale, si spostano subito verso la questione più scottante, ossia il ruolo che Cecile Kyenge, Ministro italiano per l’Integrazione, abbia nel nostro sistema politico.
Secondo l’assessore il neoministero sarebbe totalmente inutile; nella sua visione infatti l’integrazione è un processo che si deve intraprendere individualmente con il lavoro e con il rispetto. Effettivamente le promesse politiche fatte dai candidati alle poltrone romane degli ultimi anni consistevano in una diminuzione dei ministeri, e non nell’istituirne di nuovi. Iwobi ha iniziato dal basso in Italia: è arrivato qui nel lontano 1977, quando “a Bergamo di neri, non ne trovavi neanche a cercarli“, e da lì ha cominciato la sua carriera come stalliere in un maneggio. Ha poi intrapreso il lavoro da manovale che ha tenuto per undici anni finché non gli è stata riconosciuta la qualifica di informatico, materia in cui era laureato. A seguire la candidatura a Spirano e alle regionali lombarde, in cui è stato escluso con 2000 preferenze, troppo poche per Palazzo Lombardia.
Iwobi sostiene anche che lo ius soli, ossia la procedura per la quale i figli di stranieri nati in Italia hanno automaticamente la cittadinanza, sia una follia in primis per la situazione ambigua di un italiano con genitori stranieri -ambiguità abbastanza stentata visto che nessuno la tira in ballo se una famiglia francese si stabilisce da noi- e soprattutto per il fatto che “moltissime donne straniere verrebbero qui a partorire per ottenere la cittadinanza“. Problemi non irrilevanti se ci si limita a considerare il Ministero per l’Integrazione come un mezzo per aprire a chiunque le frontiere, non considerandone la vera valenza, ossia quella di aprire la strada del lavoro e della vita insieme agli italiani a chi già vive da noi.
Su questo discorso è intervenuto, con la delicatezza che lo contraddistingue, Matteo Salvini, che ha legittimamente richiesto un confronto tra la Kyenge, l’assessore e Sandy Cane, sindaco di una cittadina nel varesotto, anch’essa militante tra le file del Carroccio. Non sono ancora giunte risposte dal Ministro e dunque si attendono sviluppi su quello che potrebbe essere uno scontro senza precedenti e soprattutto con esiti estremamente interessanti. Infatti è proprio dall’integrazione che nascono scontri pro o contro immigrazione e integrazione tra persone di colore.
Evidentemente Iwobi e la Cane una possibilità l’hanno avuta e nell’evoluzione di questi fatti si potrebbero già vedere le linee che cambieranno le politiche italiane sulle migrazioni. L’unica speranza è quella che si mantengano buonsenso e civiltà, che nello scontro Salvini-Kyenge finora sembra siano mancati.