27 gennaio, giorno della Memoria delle vittime dell’Olocausto. Il ricordo della Shoah ha iniziato, da decenni, un percorso inarrestabile, ramificatosi in molte direzioni, gonfiatosi sempre di più con le sofferenze e le immagini dei sopravvissuti, che si sono conquistate un ruolo preminente nell’immaginario collettivo.
Il giorno della memoria non è altro che l’apice di questo processo fatto di cerimonie pubbliche, programmi educativi, comitive ad Auschwitz, discorsi, programmi radio e TV, canti e poesie, libri e film, un coinvolgimento generale che a tratti farebbe pensare a una vera e propria industria della memoria , nella quale si possono trovare sia cose positive e costruttive che banali e retoriche.
Questa mutazione della memoria ha completamente seppellito le testimonianze intime, genuine, dolenti, di cui è piena la storia di quegli anni terribili e che meritano di essere rispolverate. Una tra tutte la “partita della morte”.
Questa storia inizia nell’agosto del 1942: in tutto il mondo c’è la guerra, quella che verrà ricordata come Seconda Guerra Mondiale. I tedeschi hanno occupato Kiev e ad un generale viene un’idea: per dimostrare ai russi che i nazisti non sono pericolosi, bisogna organizzare un torneo di calcio con lo scopo di far emergere con chiarezza la superiorità della razza ariana.
Le squadre sono composte per metà da prigionieri e per l’altra metà da soldati tedeschi. Tra quelle formate dai prigionieri ce n’è una in particolare, formata da soldati ucraini catturati dai tedeschi, che prima di arruolarsi erano giocatori professionisti.
Ci sono Nikolai Korotkikh, Klimenko, Makar Goncharenko, che giocavano nella Dynamo Kiev e Vladimir Balakin, Vasily Sukharev e Mikhail Melnik della Lokomotiv. Hanno formato una squadra per giocare questo torneo e l’hanno chiamata Start.
Non sono più allenati come un tempo, gli effetti della guerra prima e della prigionia dopo, li hanno fiaccati nel corpo, ma sono forti, molto forti. La decisione di partecipare a questo torneo è stata sofferta, si potrebbe essere accusati di collaborazionismo, ma alla fine sulla paura prevale la voglia di dare una sonora lezione ai tedeschi su un campo da calcio.
Le magliette sono scelte dal capitano-portiere, Trusevich, e sono rosse come la bandiera dell’Unione Sovietica contro le nere dei soldati tedeschi. Così nasce la Start Football Club, una squadra formidabile in grado di vincere tutte le partite con goleade incredibili: sette a due, undici a zero, nove a uno. E con questo ruolino di marcia incredibile arrivano in finale contro la Flakelf, la squadra formata dagli ufficiali nazisti della Luftwaffe, l’aviazione nazista.
È il 9 agosto del 1942, la finale si disputa allo stadio Zenit di Kiev, gremito perché la gente di Kiev vede in quella partita una rivincita dell’Ucraina sulla Germania. Ma non ci sono solo loro, ci sono anche i tifosi della Flakelf. Più che tifosi, sono i poliziotti locali, membri delle SS e della Gestapo, perché è vero che è un torneo di calcio, ma è pur sempre stato organizzato per dimostrare la superiorità della razza tedesca e a vincere deve essere la Flakelf, con le buone o con le cattive, poco importa.
L’arbitro, che è un ufficiale delle SS, gliele ricorda queste cose nello spogliatoio ai giocatori della Start, nel caso lo avessero dimenticato. Nel girone l’avevano battuta per cinque a uno alla Flakelf, ma questa è la finale, che deve terminare con la sconfitta della Start e con i giocatori che escono dallo stadio col braccio teso, con il saluto nazista.
Dopo questo “discorsetto”, l’arbitro fischia l’inizio della partita e la squadra delle SS subito va a segno. Buttano a terra i giocatori ucraini e vanno a segnare a porta praticamente vuota. Ma la Start è una grande squadra e subito pareggia con un tiro da fuori area di Kuzmenko. Dopo pochi minuti dalla ripresa del gioco, Goncharenko dribbla tutta la squadra avversaria e porta in vantaggio la Start, due a uno.
Prima della fine del primo tempo, Goncharenko ha ancora il tempo di insaccare il tre a uno di testa e così finisce il primo tempo. Delirio sugli spalti, facce nere come le magliette per gli ufficiali della SS. Negli spogliatoi con i giocatori della Start c’è l’arbitro. Forse non hanno capito bene, loro la partita la devono perdere, perché se vincono, li ammazzano tutti.
Fischio di inizio e secondo tempo. Il discorso dell’arbitro sembra aver dato l’esito sperato questa volta, la Flakelf segna in pochi minuti due volte. Tre a tre. Pareggio. La gente sugli spalti non crede ai propri occhi, cala il gelo, tutti hanno capito cosa sta succedendo e infatti in tanti lasciano lo stadio.
Sarà per non deludere i propri compatrioti, sarà il colore di quella maglia che li fa sentire dei soldati, disposti anche a morire, i giocatori della Start decidono di vincerla quella partita. Quattro a tre, cinque a tre per la Start, due gol in rapida sequenza e i nazisti in bambola, completamente.
Klimenko, il terzino sinistro, prende la palla, dribbla tutta la squadra, portiere compreso, arriva sulla linea di porta e non segna. Ferma il pallone e lo tira indietro, come per dire che i più forti sono loro. A questo punto l’arbitro fischia la fine della partita, cinque a tre per la Start.
Sarebbe bello se questa storia finisse così, con i soldati tedeschi che sportivamente stringono la mano ai giocatori ucraini. Invece, le SS sono molto arrabbiate, non possono arrestarli e fucilarli lì, per non creare disordini.
Qualche giorno dopo, la Gestapo li va a prendere uno ad uno. Leggenda vuole che il portiere, che era anche il capitano, sia stato fucilato su quel campo dinanzi alla porta. A tanti altri non tocca sorte migliore, arrestati e torturati con l’accusa di appartenere ai servizi segreti russi. I più fortunati finiscono nel campo di concentramento di Siretz, dove verranno fucilati.
Se ne salveranno solo tre, Tyutchev, Sviridosky e Goncharenko. Durante il regime di Stalin, scompaiono nel nulla per non essere accusati di aver collaborato con i tedeschi. Solo quando il clima politico in Russia diverrà più disteso, racconteranno la loro storia, la storia di quella partita e diventeranno degli eroi.
A Kiev, nello stadio della Dynamo, gli erigono un busto con scritto “a qualcuno che se lo merita” e quella partita ispirerà il film Fuga per la vittoria con Sylvester Stallone e Pelè.
La storia della partita della morte è la storia della vittoria della paura sulla guerra e serve a rendere costruttivo e attuale il giorno della memoria. Affinché non si trasformi nell’industria della memoria, è davvero importante ricordare tutti quelli, come i giocatori della Start, che se lo sono meritato. Ricordare i morti, pensando ai vivi.