Vivono in un mondo dove tutto è sempre connesso, amano la tv, sono tendenzialmente anarchici e la loro posizione ideale è quella distesa. Su un divano. In un due parole sono Gli sdraiati: è così che, Michele Serra, scrittore e famosa penna de La Repubblica, definisce nel suo ultimo libro (Feltrinelli editore, 2013) gli adolescenti di oggi. E lo fa dal punto di vista dei padri, quelli che hanno vissuto il ’68 e che ora si ritrovano a fare i conti con un ruolo che non è più lo stesso.
Superato il conflitto generazionale, il timore dell’autorità, il binomio repressione-ribellione, il rapporto padre figlio degli anni 2000 risente della complessità dei nostri tempi, dove ogni ordine è sovvertito. Il paradosso è proprio lì, nella ricerca da parte del padre protagonista de Gli sdraiati di entrare tra le priorità del figlio, nel suo spettro visivo.
“Tizio”, come lo chiama Serra è il classico figlio diciottene di oggi, diventato multitasking, ma non per merito dei propri genitori.
“Eri sdraiato sul divano, dentro un accrocco spiegazzato di cuscini e briciole. Annoto con zelo scientifico, e nessun ricamo letterario. Sopra la pancia tenevi appoggiato il computer acceso. Con la mano destra digitavi qualcosa sullo Smartphone. La sinistra, semi-inerte, reggeva con due dita, per un lembo, un lacero testo di chimica, a evitare che sprofondasse per sempre nella tenebrosa intercapedine tra lo schienale e i cuscini, laddove una volta ritrovai anche un würstel crudo, uno dei tuoi alimenti prediletti. La televisione era accesa, a volume altissimo, su una serie americana nella quale due fratelli obesi, con un lessico rudimentale, spiegavano come si bonifica una villetta dai ratti. Alle orecchie tenevi le cuffiette, collegate all’iPod occultato in qualche anfratto: è possibile, dunque, che tu stessi anche ascoltando musica“.
Davanti a questa sintesi dell’adolescente sdraiato, la risposta data dal figlio è esilarante e puntuale allo stesso tempo “È l’evoluzione della specie“.
Che sia in atto una mutazione genetica? Troppe le sollecitazioni che inducono i figli ad abbozzare, ad aprire dei discorsi, senza chiuderli. Inconcepibile per un padre, invece, non portare a termine. Un tema che, come prevedibile, ha suscitato anche tante polemiche da parte di quelli che si sono sentiti chiamati in causa e su twitter è nato addirittura un account falso del presunto “figlio di michele serra”. Una sorta di rivalsa nei confronti di una definizione letta come un’accusa ad una generazione.
Ma più che di un’incapacità dei figli, l’attenzione dell’autore è per lo sguardo del padre, che, forse qualche volta vorrebbe addirittura imparare a non chiuderlo quel cerchio.
E tra riflessioni e comicità, c’è spazio anche per la commozione ne Gli sdraiati, a metà tra un romanzo e un diario. Serra, infatti, ha un unico desiderio: andare con suo figlio al Colle della Nasca, a tremila metri di altezza. Un luogo che gli è caro, perchè quel sentiero di montagna era solito farlo con il suo di padre. Da lassù, forse, le prospettive si possono cambiare. E perchè no, anche un padre può decidere di sdraiarsi.