“Voi parlate spesso dei giovani e troppo poco con loro”, è uno dei passi più attuali del brano di Fedez, artista rapper dell’ambiente milanese, eseguito in collaborazione con Gianna Nannini.
Generi musicali, servizi televisivi e persino un film, “Cervelli in fuga” di Paolo Ruffini (remake dello spagnolo Fuga de cerebros, per l’appunto), si sono occupati del fenomeno dei giovani talenti che decidono di lasciare il nostro paese per trovare lavoro, più fortuna all’estero ma soprattutto uno spazio che da noi non riescono a trovare. La tendenza sta prendendo una piega sempre più inquietante e a cui però nessuno si sta opponendo.
Quanti giovani professionisti italiani emigrano ogni anno?
Una domanda per la quale purtroppo non ci sono ancora risposte ufficiali secondo l’articolo “L’Italia è ancora un Paese di emigranti” messo nero su bianco dalla Fondazione Migrantes, nel suo ultimo rapporto, che risale però al 2010. L’emigrazione dei nostri giovani professionisti, più volte stereotipata, appare più realistica dando un’occhiata a qualche numero approssimativo: è stato stimato che circa 60mila giovani sotto i 40 anni lasciano l’Italia ogni anno. L’Anagrafe Italiani Residenti Estero (Aire) certifica che ben 316.572 giovani hanno lasciato il Paese tra il 2000 e il gennaio del 2010.
A Settembre 2013 quasi ben ventimila connazionali risultavano fino a quel momento domiciliati sul suolo australiano in possesso di un visto lavoratore-studente, che sperano possa nel tempo diventare effettivo. Tutto questo senza contare gli altri italiani presenti in Germania, Danimarca, Stati Uniti e Canada di cui si è già parlato.
Perché espatriare?
L’estero offre vantaggi di un certo peso: salari più alti, riconoscimento di una quasi “meritocrazia” e posizioni di responsabilità indipendentemente dall’età, oltre a selezioni più trasparenti, prospettive di carriera ed un welfare state più attento al mondo giovani. La nostra situazione invece appare un po’ come uno specchio rovesciato. I forti flussi in uscita si accompagnano agli scarsi numeri in entrata: i giovani talenti stranieri dimostrano infatti di non essere attratti dalle nostre prospettive.
L’indagine di “Giovani Talenti” ha portato alla luce anche altri numeri: il ricercatore Lorenzo Beltrame, autore di un paper sul “Brain drain”, stima in 410mila i laureati italiani all’estero. Per un “cervello” che entra, tre escono. Per il Cnr, ben 25mila professionisti italiani occupano posizioni di medio, alto livello negli Stati Uniti (3500 di loro solo nell’ambito accademico). Per la ricercatrice Simona Monteleone, autrice di un altro paper sempre sulla situazione dei nostri giovani, il 70% dei ricercatori da lei intervistati non pensa proprio di rientrare, non ne ha alcun motivo. La percentuale scende, anche se non di molto, se allarghiamo l’intenzione di un possibile rientro in patria alla popolazione complessiva dei laureati: secondo Almalaurea, oltre la metà di quelli espatriati non ci pensa proprio a un futuro in Italia.
A contribuire alla sete di Estero ci pensano le varie borse di studio messe a disposizione da molti paesi e siti nazionali, che aiutano con post e informazioni utili i nostri giovani a trovare occupazione altrove. Ben il 48% degli italiani residenti sul territorio si dimostra favorevole a partire e cambiare definitivamente la propria residenza. E visti i tempi, come dar loro torto.