L’idillio tra Matteo Renzi e Gianni Cuperlo è già terminato. Il presidente del Pd ha rassegnato infatti le sue dimissioni, spiegandone le ragioni in una lunga lettera inviata al segretario democratico e pubblicata anche su Facebook. “Mi dimetto perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero” si legge nella missiva.
Come sono lontani i tempi dei sorrisi e delle strette di mano all’insegna della sportività tra i due principali candidati in corsa alle primarie. Dopo la vittoria il sindaco di Firenze, offrendo la presidenza al suo avversario, sperava di assicurare compattezza al partito e di scongiurare la frattura, forse inevitabile, tra due opposte linee di pensiero, due modi diversi di intendere la sinistra. Diversi, appunto, troppo per essere conciliabili. A dimostrarlo è stata la prima vera e propria sfida lanciata da Renzi: quella sulla legge elettorale.
La rottura si è consumata in direzione Pd, quando Cuperlo ha duramente attaccato il sistema proposto dal segretario. Le critiche, chiarisce lo stesso Cuperlo, riguardavano la soglia del 35%, ritenuta troppo bassa per far scattare il premio di maggioranza, la soglia dell’8% prevista per le forze non coalizzate e l’impossibilità da parte dei cittadini di scegliere direttamente i propri rappresentanti. Da qui la replica accesa del segretario, che avrebbe accusato l’ormai ex presidente del Pd di voler fare polemiche strumentali, ostacolando la presentazione di un progetto di riforma così faticosamente elaborato.
Secondo Cuperlo il sindaco di Firenze lo avrebbe aggredito sul piano personale e non avrebbe lasciato il giusto spazio al confronto. “Il punto è che ritengo non possano funzionare un organismo dirigente e una comunità politica dove le riunioni si convocano, si svolgono, ma dove lo spazio e l’espressione delle differenze finiscono in una irritazione della maggioranza e, con qualche frequenza, in una conseguente delegittimazione dell’interlocutore“. Il deputato democratico conclude spiegando che una delle ragioni delle sue dimissioni è la necessità di avere “la libertà di dire sempre quello che penso“.
Nella sua lettera di risposta, Renzi ha cercato di gettare acqua sul fuoco. “In un Partito democratico le critiche si fanno, come hai fatto tu, ma si possono anche ricevere. Mi spiace che ti sia sentito offeso a livello personale. Ti ringrazio per il lavoro che hai svolto nel tuo ruolo e sono certo che insieme potremo fare ancora molto per il Pd e per il centrosinistra. Ci aspetta un cammino intenso che può finalmente cambiare l’Italia” scrive il segretario, che aggiunge: “Rimettere in discussione i punti dell’accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto“.
Si definisce sorpreso dal gesto di Cuperlo il renziano Delrio: “Non riesco a capire, non vedo le ragioni di un gesto del genere, anche perché il Paese attraversa un momento davvero importante. Abbiamo messo in piedi un quadro di portata storica che può far nascere la terza Repubblica e tutti, sia i partiti di maggioranza che di opposizione, sono impegnati perché questa riforma venga approvata“.
Sceglie l’ironia Forza Italia. “Cuperlo si dimette, dunque esiste” si legge in un comunicato dei deputati forzisti “Pare che il citato Cuperlo si sia ritirato in una stanza offeso poiché Renzi gli ha ricordato che lui ora invoca le preferenze, ma in passato si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultra garantiti da Bersani“.
Di diversa opinione gli esponenti dell’area cuperliana, che chiede a Renzi di verificare se attorno all’Italicum ci sia realmente un ampio consenso. “Il punto“, evidenzia Andrea Giorgis, membro della commissione Affari Costituzionali della Camera, “è che questa mattina in commissione ci sono stati diversi interventi critici come quelli di Scelta Civica e Sel “.