Resta ancora profondamente incerto il destino di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Il ministro dell’Interno, secondo quanto riportato dalla stampa indiana, avrebbe autorizzato la National Intelligence Agency (Nia), il corpo speciale di polizia che ha condotto l’inchiesta, a incriminare i due marò secondo la legge antipirateria. Se questo avvenisse, i nostri fucilieri rischierebbero la pena di morte.
A riferire le ultime novità è l’Indian Times, che cita una fonte anonima della Nia. L’accusa sarebbe costretta a servirsi della Sua Act perché è “l’unica che può invocare per avere la giurisdizione sul caso“. L’incidente, infatti, si è verificato in acque internazionali. “La nostra indagine è completa“, avrebbe anche aggiunto la fonte. Dopo il via libera del ministero, gli investigatori aspetterebbero solo il pronunciamento della Corte Suprema sul ricorso dell’Italia per incriminare i due militari italiani.
Le rivelazioni dell’Indian Times, però, non preoccupano l’inviato italiano per il caso dei dei marò, Staffan De Mistura: “La Nia ci ha abituati in passato alle voci che fa filtrare tramite la stampa indiana in modo da mettere pressione sulla Corte Suprema e sulla magistratura indiana. Noi abbiamo imparato a non dare peso alle indiscrezioni di stampa, sia positive che negative, ma ci atteniamo solo a quello che dice la Corte. Non abbiamo alcun riscontro di questa cosa uscita su un giornale indiano“.
Intanto la Corte Suprema ha chiesto al governo di accelerare i tempi e di trovare una soluzione entro quindici giorni. Occorre “riconciliare il conflitto di opinione all’interno dell’amministrazione” hanno fatto sapere i giudici, rinviando l’udienza al 3 febbraio.
“Se dopo due anni ancora non si è stati in grado di determinare un capo d’accusa, è evidente che i principi di giustizia sono stati violati“. Lo ha detto il ministro degli Esteri Bonino ai giornalisti prima di prendere parte a una riunione del Consiglio Europeo a Bruxelles. “Tutte le opzioni per rispondere alle eventuali decisioni dell’India sui due marò ancora in attesa di un giudizio sono sul tappeto, e sicuramente anche quelle di pertinenza più specifica dell’Unione europea“. Ha rassicurato sull’impegno del governo anche il ministro della Difesa Mauro, ribadendo la “forte pressione” esercitata sul caso dalla nostra diplomazia.
A stupire, in ogni caso, è il ritardo con cui l’Italia si è mossa per affrontare la vicenda, scoppiata nel 2012 durante il governo Monti. Un ritardo che ora Girone e Latorre rischiano di pagare caro. Assolvere e rispedire in patria i due militari significherebbe, dopo due anni di tira e molla, ammettere di aver sbagliato: difficile che l’India si esponga davanti al mondo a una figuraccia di tale portata. Possibile, invece, che si arrivi a un compromesso: una condanna a otto-dieci anni di carcere, per esempio, da presentare all’opinione pubblica come un successo della nostra diplomazia, da una parte, e il trionfo della giustizia, dall’altra.