Salve Presidente,
mi rivolgo a Lei in questa maniera, nonostante faccia ancora fatica ad identificarLa come tale. Ma sa, non è facile mettere da parte in poche settimane una storia d’amore durata quasi vent’anni. Avrei voluto scriverLe queste poche righe da un po’ di tempo a questa parte, forse dal primo momento che l’ho vista mettere piede ad Appiano con quell’aria un po’ troppo scanzonata e spensierata che poco si addice a chi ha deciso di attraversare due continenti per intraprendere una sfida così complessa.
Mi ha fatto sorridere, non lo nego e mi ha trasmetto subito tanta simpatia, con quella cravatta nerazzurra e quella spilla nella giacca tipica degli anni ’90, quando le immagini del nostro calcio facevano ancora il giro del mondo come modello da imitare. Ho avuto immediatamente la curiosità di sfogliare le pagine del suo CV, che raccontavano la storia delle sue aziende in Indonesia, il giro di affari negli Stati Uniti e il suo amore per lo sport. Ho visto in Lei, a primo impatto, un gentiluomo, una persona elegante e pragmatica e seppur con tutta la diffidenza del caso, ho vissuto con entusiasmo la trattativa per il passaggio di proprietà. Mi sono proiettato subito in un futuro prossimo: un’Inter moderna capace di vendere il proprio brand in tutto il pianeta, di intervenire sul mercato in maniera accurata grazie ad un organigramma societario competente, solido e credibile, di creare un settore giovanile da far invidia a tutta Europa. Mi faceva comodo attribuire al termine “progetto”, così tanto tirato in ballo dal primo momento, queste connotazioni.
Sono passati ormai tre mesi da quando Lei e i suoi collaboratori – che nessuno a dire il vero ancora ci ha presentato – avete preso definitivamente in mano le redini dell’Inter. Ma se devo essere sincero, sembra che tutto questo non sia mai avvenuto. Ovviamente in novanta giorni non mi aspettavo di vedere Messi a disposizione di Mazzarri, o Cambiasso macinare chilometri a tutto campo come ai tempi del Triplete, ma mi sarei accontentato di sentir confermati ciò che erano i miei propositi attorno a quel famigerato “progetto” che Lei ha sempre utilizzato come scudo quando veniva interpellato dall’altra parte del pianeta subito dopo una sconfitta o una prestazione imbarazzante della squadra.
Apprendo negli ultimi minuti che dopo sedici giorni di mercato vissuti nell’anonimato, stiamo per concludere una trattativa, che se venisse confermata, scaverebbe sicuramente un solco difficile da colmare tra Lei e dieci milioni di tifosi nerazzurri. Quella che per arrivare a Mirko Vucinic, porterebbe Guarin in bianconero. Forse Lei non ha capito tanto dell’Interismo e del sentimento che contraddistingue la fede nerazzurra. Forse ha pensato che legare il suo nome e quello delle sue aziende ad una delle società con più storia e tradizione del mondo dello sport, avrebbe accresciuto il suo prestigio personale. Pensandoci bene infatti, fin dal primo momento, si è definito un avventuriero, rivendicando con fierezza l’origine leggendaria del suo nome. Avventuriero ossia colui che va in cerca di fortuna accettando rischi e facendosi pochi scrupoli. Ecco, gli scrupoli. Sono quelli che fino ad ora non si è messo al momento di agire, o meglio non agire, nelle vesti di Presidente dell’Inter.
Mi sento di suggerirLe con presunzione, me lo perdonerà, di andare a rivedersi con attenzione gli anni del ventennio di chi l’ha preceduta. Anni si, conditi da innumerevoli errori e delusioni, ma che non hanno mai, neanche per un momento scalfito, il senso di appartenenza dei tifosi a questa squadra. Ciò che invece è venuto a mancare in queste poche settimane della sua gestione.
Con tutto rispetto Presidente, noi siamo l’F.C. Internazionale.
Cordiali saluti,
Un tifoso nerazzurro disorientato e amareggiato