Il nostro paese è abituato alle figuracce internazionali. Ci ha fatto il callo in questi anni: dalla conduzione del post terremoto a L’Aquila, al naufragio della Concordia, dai continui casi di ruberie nella cosa pubblica, alla disastrosa gestione del patrimonio artistico e culturale (vedi crolli di Pompei, o salvaguardia della Reggia di Caserta). Figuriamoci dunque, se le immagini di quello che impropriamente da tempo ormai è chiamato stadio Sant’Elia trasmesse in tutta Europa domenica scorsa, abbiano scalfito la coscienza di qualcuno o invitato qualcun altro a gridare una volta per tutte “basta!”. Ma ormai è risaputo: l’indignazione non sta di casa in questo paese.
Perché ciò che il mondo dello sport ha avuto modo di vedere in occasione del match Cagliari-Juventus è di una gravità assoluta. Un cantiere a cielo aperto con problemi strutturali gravissimi – primo su tutti il pericolo crolli – adibito a stadio. Un impianto fatiscente che da anni si porta dietro contenziosi tra Comune e società rossoblu – al quale la Lega Calcio ad ottobre ha incomprensibilmente concesso l’autorizzazione a disputarvi le gare – come unico palcoscenico per una società di Serie A. Una capienza attualmente ridotta a 4798 posti, nonostante la convenzione stipulata tra le due parti ne abbia stabilito da tempo 16 mila e una ditta, quella alla quale il Cagliari calcio ha affidato gli interventi, in liquidazione dal giorno precedente l’assegnazione della gara d’appalto.
Chi sono i responsabili di tutto questo? Chi deve far chiarezza attorno a quest’annosa questione? Tutti tacciono. Le istituzioni politiche locali, la società rossoblu, la Federazione. L’ennesimo sconcertante caso di inefficienza e incompetenza all’italiana. Una situazione che va avanti da più di dieci anni. Perché un capoluogo di regione come Cagliari, una società blasonata qual è il Cagliari calcio e un popolo, quello sardo con storia, tradizione e attaccamento alla propria terra, non possa dar sfogo alle proprie passioni, sostenendo la squadra della città, è una questione che non possiamo porci.
Chissà se anche David Moyes, manager del Manchester United si sia fatto le stesse domande domenica nelle tribune del Sant’Elia. E chissà se qualcuno abbia avuto il coraggio di raccontargli come vanno effettivamente le cose in questo paese. Era venuto per vedere da vicino Astori forse, o più probabilmente Vidal e Pogba, convinto di sedersi comodamente in tribuna col suo taccuino, gustandosi un bello spettacolo in un contesto piacevole ed ospitale. Perché gli avevano raccontato che la Sardegna era una terra piacevole ed ospitale e la sua gente disponibile e generosa. Domenica riprenderà regolarmente il suo posto nella panchina dell’Old Trafford. Forse guardandosi attorno ripenserà alla disavventura di sette giorni giorni, forse avrà già archiviato il tutto. Per lui fortunatamente l’Italia sarà soltanto un triste ricordo di una domenica pomeriggio vicino al mare.