Il 2013, per l’industria a luci rosse, si è concluso con fatturati da capogiro e mentre riviste che hanno segnato delle svolte epocali in questo campo, come Penthouse e Playboy, rischiano tuttora la bancarotta, quello dei film per l’intrattenimento degli adulti continua a battere cassa.
Non ci sono dubbi: Internet è lo specchio della società, basti pensare che tra le parole più ricercate in un anno al primo posto c’è “sex” con 75.608.612 di click. Il parere di scienziati e analisti è che non c’è niente che renda di più.
Sono ben 5 i milioni di siti dedicati e sono ben 9 milioni gli italiani che ne usufruiscono; in questa particolare statistica di Eurispes, relativi solo a dati europei, si scopre anche che siamo secondi solo agli inglesi e che il 25% degli impiegati visita i suddetti siti durante le ore lavorative.
Il 90% del mercato riguarda però il continente asiatico con Cina, Corea del Sud e Giappone in testa, a cui si uniscono gli Stati Uniti. Una vera e propria corsa al mercato a luci rosse, che si è spesso trasformata in una vera e propria febbre. Un esempio eclatante: Sex.com, il dominio più costoso di tutti i tempi, nel 2006, è stato acquistato per circa 14 miliardi di dollari. In cima alla classifica dei massimi produttori di video a luci rosse rimangono sempre gli Stati Uniti, con Los Angeles come punta di diamante: un film prodotto ogni 39 minuti, negli edifici della leggendaria San Fernando Valley.
Oggi però grazie ad internet quasi tutto è diventato di facile accesso e visto che questi siti sono gratuiti, com’è possibile che sia davvero un campo redditizio?
Mark Spiegler, produttore californiano, spiega che i più frequentati del mondo sono i Tube-sites, cioè quelli dove i filmati sono gratuiti, il cui vero guadagno è legato a banner e advertisement presenti ed al traffico di dati, dietro ai quali si celano gli stessi produttori. Il guadagno non è quindi più legato alla commercializzazione di filmati ma al traffico dati generato.
La maggior parte delle piattaforme web appartengono alla Manwin, la più grande corporation al mondo a produrre intrattenimento per adulti, che è anche a capo anche delle maggiori produzioni americane. Anni fa, i loro top manager hanno intuito che internet avrebbe rivoluzionato il mercato e di conseguenza il modo di fare business, così hanno deciso di giocare d’anticipo accaparrandosi l’immenso traffico della rete monetizzando con la pubblicità e dirottando parte dei dati sui servizi a pagamento.
E come non sorprendersi quando si scopre che a guadagnare di più sono le donne, altro che parità tra i sessi: un’attrice può arrivare a guadagnare centomila dollari all’anno, ricevendo un compenso tra i 1000 ed i 1500 dollari a scena girata. Quest’industria ribalta i ruoli: le donne guadagnano più degli uomini, l’attore riceve dal 25% al 30% in meno rispetto alla sua controparte femminile, come spiega un dossier del Nouvel Observateur.
Nonostante in molti ritengono che il settore non sia più un giro d’affari redditizio come un tempo, chi ha capito il gioco continua a guadagnare e anche bene. Le insidie però rimangono tante: l’avvento della banda larga, i video in streaming e la pirateria sono solo alcuni dei fattori che sembrano aver decretato la discesa nei guadagni, combinati all’avvento di altri modi per guadagnare. La golden age sarà sicuramente finita, i guadagni no.
Per Silvio Bandinelli, uno dei maggiori produttori europei, alla fine dei conti, però, il monopolio resta di quei pochi che hanno saputo canalizzare il mercato attraverso le piattaforme web, spiegando che il settore non ha più uno star system come in passato ed il fatturato ha subito una netta penalizzazione, causato anche dalla crisi e dalle numerose violazioni dei copyright, di cui si lamentano tutti.
Altra scure che si è abbattuta sul mondo a luci rosse è stata sicuramente la “Measure B” o legge pro-condom, una legge a “tolleranza zero” promossa in California da Settembre 2012, promulgata dopo i numerosi casi di infezione da Hiv contratti sui set. La legge nella pratica obbliga gli attori ad usare sempre il preservativo, cosa giusta, ma che ha finito con il ridurre drasticamente il numero di pellicole prodotte a Los Angeles. Il motivo della diminuzione è semplice: il sesso protetto non è apprezzato dal pubblico.
Tutto questo ha portato a una doppia contraddizione: i produttori aggirano il problema girando fuori città e, considerando che depositare un permesso per girare presso Los Angeles costa 1000 dollari, questo causa la perdita di importanti introiti alle casse cittadine. Inoltre, gli attori vanno a girare altrove, senza praticare sesso protetto, annullando, dunque,l’utilità della legge Measure B. I numeri parlano chiaro: a novembre 2012 erano 480 i permessi, quest’anno solo 24.
Che l’immunità sia terminata anche per loro?