Era stato avvertito, ha perseverato, ora paghi: Google è stato multato dal Garante francese per la Privacy, la Commission nationale informatique et libertés (Cnil) con una sanzione da 150.000 euro.
Era da ottobre che la Francia premeva sul colosso americano affinché si allineasse alla normativa che, dal 2012, stabilisce nuove regole sulla raccolta e l’utilizzo dei dati degli utenti raccolti dal web, ma Google non ne ha voluto sapere.
Con 425 milioni di utenti di Gmail e oltre 500 milioni di iscritti a Google+, l’azienda può considerarsi abbastanza forte per ignorare richieste esterne e proseguire lungo la propria policy che, da circa due anni, prevede la circolazione dei dati degli utenti da un servizio all’altro.
Così, chi magari ha digitato sulla barra di ricerca la marca di un paio di scarpe che non avrebbe disdegnato di possedere, si ritrova sommerso da annunci di scarpe per mesi. L’impressione è quella di essere schedati nella memoria di un colosso in grado di ricordare le ricerche, i gusti e le necessità di milioni di utenti.
Ricerche, gusti e necessità magari effimeri nelle menti di chi le ha eseguite, ma preziosi per chi, come Google, è intenzionato a tenerne conto per riproporre i suoi prodotti proprio sulla base di quel che gli è stato detto.
Per questo, già da giugno il Cnil aveva chiesto a Mountain View di fornire una documentazione su modalità di raccolta, utilizzo ed incrocio dei dati; una volta confrontato con la vigente normativa sulla privacy, si sarebbe passati ad un’eventuale azione legale.
Quando però è risultato chiaro come la policy di Google e la normativa europea sulla privacy non corrispondessero, dall’altro lato non sono stati disposti a chinare la testa: “siamo in contatto con il Cnil per chiarire la nostra policy sulla privacy e spiegare come permette di creare servizi più semplici ed efficienti. Prendiamo atto di questa decisione e stiamo considerando ulteriori azioni“.
Eppure, non è un mistero che all’Europa piaccia poco questo genere di controlli. Così il Garante -e non solo quello francese- ha dato il via ad un’inchiesta approfondita sulla raccolta e sull’utilizzo dei dati, arrivando infine allo scontro: a dare il la alle prime sanzioni è stata dunque la Francia, seguita poi dalla Spagna (che ha richiesto 900.000 euro) e sempre più sospettose sembrano anche Olanda, Italia, Germania e Regno Unito.
Per quanto però 150.000 euro possano sembrare tanti agli occhi di qualsiasi francese, abbastanza per essere la penale massima da pagare in caso di violazione della privacy, la multa ha rappresentato solo un graffio all’immenso patrimonio dell’azienda Statunitense, che solo nell’ultimo trimestre del 2013 ha registrato un fatturato di 11 miliardi di euro.
Dev’essere per questo che, come ulteriore misura, il Cnil ha imposto che per almeno 48 ore la sanzione venisse comunicata anche sulla home page del motore di ricerca più utilizzato al mondo: come ad essere sicuri che ogni francese, aprendo la pagina, fosse consapevole di chi sta per ricevere i suoi dati personali.