Enrico Letta incontra. Matteo Renzi annuncia. Ancora una volta, due agende e due comportamenti diversi nel mese decisivo per i destini della Legislatura.
In geometria uno dei postulati fondamentali euclidei recita: “Due rette parallele non si incontrano mai”. Ed effettivamente, esaminando i primi passi politici del 2014 dei due maggiori leader in casa Pd, non si può che confermare tale postulato.
Il premier ha avviato ieri le consultazioni “informali” per arrivare alla stesura del contratto di coalizione. Primi ad essere ricevuti, i rappresentanti di Scelta Civica. “Siamo soddisfatti da questa prima tappa del percorso. Entro una decina di giorni ci sarà anche un tavolo di maggioranza per un confronto a più voci. Abbiamo chiesto un tavolo con gli altri partiti e abbiamo buone ragioni per ritenere che la proposta sarà accolta”, le parole della montiana Stefania Giannini al termine dell’incontro. Nei prossimi giorni, tutti i leader dei partiti di maggioranza incontreranno il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Prima di questa girandola di mini-summit, dal profumo di Prima Repubblica, quando cioè si temeva fortemente una crisi imminente di Governo e si cercava di vincolare i partiti al massimo a tre priorità, Enrico Letta ha avuto un lungo colloquio con il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni e con il ministro del Lavoro Enrico Giovannini. Scelta non casuale visto che si tratta di due ministri “tecnici”, dunque fuori dalle dinamiche e dai vincoli di partito e che giocheranno un ruolo imprescindibile nella stesura di “Impegni 2014”: il primo perché tiene, volgarmente, in mano i cordoni della borsa, il secondo perché il cardine dell’agenda governativa si baserà proprio sui temi occupazionali e del lavoro. Non solo, il premier ha inteso lanciare un “pizzino” in direzione dei renziani che, ultimamente, hanno messo in discussione – seppur in modo celato e mai pubblicamente – la permanenza nell’Esecutivo di Saccomanni.
Altro incontro preparatorio che profuma di jolly è stato quello che lo stesso Letta ha avuto con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Non è trapelato molto da questo ennesimo face to face in merito ai contenuti. Ma di certo il summit presidenziale è l’ennesima dimostrazione che su questo governo Napolitano punta la propria permanenza al Quirinale. Si fa tremendamente sul serio a Palazzo Chigi e, per questo, non ci si è fatto scrupolo nel differire il vertice intergovernativo Italia-Turchia, in agenda per il 17 gennaio a Istanbul, proprio per evidenziare la crucialità del momento. La decisione è stata comunicata da Letta al primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. “Il posticipo è dovuto agli impegni connessi alla definizione di Impegni 2014, il contratto di coalizione tra le forze politiche della maggioranza di Governo. La nuova data del vertice italo-turco verrà definita nelle prossime settimane”, la nota diffusa.
Rimanendo in ambito scientifico, ma saltando nel campo della Fisica si può parafrasare il terzo principio di Newton: ad ogni azione di Letta corrisponde un’azione contraria di Renzi. Ed ecco quindi che il segretario del Pd, quasi in concomitanza con l’avvio dei colloqui con le forze di Governo ed in un contesto perlomeno inusuale per parlare di politica, cioè l’inaugurazione di Pitti Immagine Uomo, ha annunciato urbi et orbi che fra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima sarà presentato il Job-Act. Il cui obiettivo sarà quello di creare “le regole d’insieme, vale a dire il panorama sistemico che parte dalle condizioni di chi fa impresa e deve essere messo in condizione di poterla fare”. Quindi, “contrastare il costo della burocrazia e puntare a creare posti di lavoro in sei settori e il made in Italy sarà il primo”. Sull’articolo 18 “ciascuno ha le proprie idee”, ma “è la dimostrazione plastica di guardare il dito mentre il mondo ci chiede di guardare la luna”, ha aggiunto Renzi. “Il problema del creare lavoro – ha detto – non è semplicemente ridurre la discussione politica a un problema di normativa contrattuale, ma è provare ad allargare il ragionamento. Non puoi parlare di creare lavoro nel settore manifatturiero se continui ad avere un costo dell’energia del 30% più alto di quello dei concorrenti. Oggi si delocalizza in Austria – ha aggiunto – dove il costo della burocrazia è inferiore. Un conto è delocalizzare per il costo del lavoro un altro è perché il sistema paese non ti aiuta”.
Non poteva mancare, ovviamente, una stoccata all’operato degli ultimi governi, quello presieduto da Letta compreso. “A mio giudizio abbiamo sprecato la crisi ora non dobbiamo sprecare la ripresa. Se si parte dal gestire bene il bene pubblico le cose si possono fare, non c’è la maledizione della bella addormentata nel bosco, dobbiamo smettere di cullarci nella lamentazione”. Per questo il Job-Act deve “cercare di dare garanzie a chi non le ha mai avute e negli ultimi 20 anni ha dovuto pagare il costo dei ritardi della politica. Purtroppo, il mondo del lavoro è diviso fra chi le garanzie le ha, ancor che messe in discussione, e chi invece non le ha mai avute”.
Insomma, l’anno nuovo ricalca pericolosamente quello appena terminato. Del resto il binomio Letta-Renzi non può essere in grado di minare le fondamenta di quanto postulato dal binomio Euclide-Newton. Forse potrà scalfire quest’ultimo, la Legge elettorale perché, fatta quella, la tentazione del voto anticipato sarà irresistibile.