“Da grande voglio fare il calciatore”. Sembrava sicuro di sé, aveva talento, un controllo di palla eccellente ed una tecnica sopraffina, sin da piccolo: “Voglio essere come Maradona”
Insomma, un sogno ambizioso, ma lecito. Perché se sei nato a Napoli, nel 1977 ed ami quel fantastico gioco del calcio, il sogno e l’accostamento ad un idolo diventa un discorso monotematico: gli occhi sono solo per Diego Armando e così sarà. Lui è Antonio Di Natale e muove i primi passi in una scuola-calcio come tante, a Castello di Cisterna, un paesino di appena 7.000 anime nel napoletano. É un fenomeno, ha qualcosa in più degli altri e se ne accorge presto Lorenzo D’Amato, responsabile dell’area tecnica della società e talent-scout che propone all’Empoli il ragazzo.
I primi dubbi sorgono, perché i toscani provinavano solo giocatori classe 1980-81. Di Natale aveva tre anni in più, ma un’esplosività incantevole che convinse Niccolini, responsabile del settore giovanile del club, a prendere “Totò” in squadra, a parametro zero. “Forse il sogno si avvera”, avrà pensato il piccolo talento che non fa i conti con l’esperienza. E non quella del campo. Inizia una nuova vita lontana dalla famiglia, tanta nostalgia ed una sofferenza che lo porta a scappare di casa una notte. Farsi le ossa, in fondo, vuol dire anche questo. Di Natale resiste. A convincerlo è un altro dei suoi idoli, l’aeroplanino Vincenzo Montella. Le sue parole sono nuova linfa per un gioiellino pronto ad esaltarsi con la Primavera e addirittura bagnare il suo esordio in B nell’anno della promozione nella massima categoria degli azzurri.
Il ciclo con le giovanili è terminato, è tempo della vera gavetta. L’Empoli è in A e, per ovvi motivi, almeno momentaneamente, Di Natale non può rientrare tra i piani. Stagione 97-98, è l’Iperzola ad offrire al napoletano la prima occasione da protagonista tra i professionisti. Le gare sono 33, le reti sei: non male come prima volta, chiusa con una parentesi nel solo mese di giugno a Varese dove disputa quattro match. Il bilancio è complessivamente buono, ma non ottimo. Per quello bisognerà attendere l’anno successivo, il primo trampolino. Il direttore sportivo del Viareggio, Pezzini, ne resta incantato. Vuole Di Natale, è pronto a scommettere sulle sue potenzialità per il campionato di C2 (attuale Seconda Divisione). Le cose vanno decisamente meglio. Le gare saranno solo venticinque, ma con il doppio delle reti dell’annata precedente: dodici. Adesso l’Empoli strizza gli occhi, Di Natale è pronto.
Nasce un ciclo meraviglioso, l’amore con la Toscana sboccia e porta cinque stagioni estremamente positive. Saranno le ultime tre in B, il 2001-02 segna la svolta: Di Natale gioca 38 partite e lascia il segno per ben sedici volte, contribuendo pesantemente al ritorno in A dell’Empoli. Cambiano gli obiettivi, la lotta per dominare un campionato lascia il posto al desiderio di salvezza, che Totò promette ad inizio stagione con dieci gol in allegato. Mai una promessa fu così sorprendente. Il cambio di categoria non scalfisce minimamente un calciatore che si carica sulle spalle la squadra e segna anche tre reti in più di quelle assicurate ad inizio stagione, evitando una Serie B solo posticipata di una stagione.
Il 2004 è anno di dolore, non c’è promessa che tenga. Di Natale non può nulla, ne segna solo cinque e non evita la retrocessione. Collettiva, ma non individuale. Il talento è palese, l’Udinese fa un investimento e punta su di lui per la fascia mancina dei tre davanti. Esordio col botto, arriva la qualificazione in Champions ed una striscia di successi che legherà Di Natale e il suo nuovo club eternamente. Le reti arrivano con una facilità impressionante e per due stagioni (2005-06 e 2011-12) diventa l’unico calciatore italiano ad aver “timbrato il cartellino” in Serie A, Champions League, Europa League e Coppa Italia nella stessa annata. Serenità in cambio di gol: il potenziale di Totò resta al sicuro nella fortezza friulana, scelta di campo e di vita. Non cede alle avances della Juve, Udine è la sua casa e tale si confermerà anche a trentatré anni quando, stanco di percorrere fasce, viene reinventato centravanti per guadagnare lucidità e freddezza sotto porta, dove è sempre più infermabile. Conquista la Nazionale, ha aperto le danze nell’ultimo Europeo (Polonia-Ucraina, 2012) contro i futuri campioni della Spagna.
Sono anni di soddisfazioni. Di Natale domina lo scenario italiano per anni, rallentando solo nella stagione corrente. I risultati non stanno accompagnando la squadra di Guidolin e l’enorme ed invidiabile vena realizzativa del campione frena. Forse decisivamente. Ieri, dopo la cocente debacle interna contro il Verona, Totò ha mollato. Sky è il teatro di una doccia fredda inaspettata, nei modi e nei tempi: “Mi ritiro a giugno”. Una decisione incredibile, che ha lasciato senza parere anche il suo tecnico che spera in una semplice dichiarazione a caldo pronta ad esser rivista successivamente. Ad oggi, però, nessuna smentita ha riscaldato la gelida aria di Udine. E quel piccolo talento che sognava Maradona e tornò sul campo grazie a Montella, oggi è un’istituzione calcistica ed è pronto a salutare dopo anni gloriosi e ricchi di gol e vittorie. Semplicemente Totò, il goleador di Udine.